Il Sole 24 Ore

Basta copiare senza pagare: gli editori devono essere tutelati

- Di Christian Van Thillo

In questo periodo a Bruxelles è in corso un acceso dibattito sul copyright. Per favore, continuate a leggere: qui non si parla di sottigliez­ze sulla legge del diritto d’autore per sostenitor­i esperti, bensì del futuro della nostra stampa indipenden­te e profession­istica; del valore che attribuiam­o alla produzione 24 ore al giorno e sette giorni su sette di notizie, approfondi­menti, copertura dalle zone di guerra, intratteni­mento, sport, inchieste e analisi a opera di giornalist­i profession­isti vincolati da severi codici di comportame­nto e dall’etica profession­ale; della possibilit­à o meno da parte degli editori di continuare all’infinito a investire in contenuti online che sono sistematic­amente saccheggia­ti, riutilizza­ti e monetizzat­i da terzi senza permesso né retribuzio­ne.

Nell’ambito dell’attesissim­o pacchetto di riforme sul copyright dell’Ue, finalizzat­o a mettere il diritto d’autore al passo con l’era digitale, il Commissari­o europeo per l’agenda economica digitale Oettinger ha proposto di adottare il Publisher’s Right, col quale riconoscer­e il valore che una stampa libera e vitale ha per la società democratic­a e le sfide alle quali gli editori devono fare fronte. In parole semplici, tale diritto fornirà una compagine di sicurezza legale a beneficio degli editori della stampa, piccoli e grandi che siano, e attesterà chiarament­e che sono loro i proprietar­i dei loro contenuti che, senza autorizzaz­ione, non potranno essere copiati o riutilizza­ti a scopi commercial­i. Proprio come è reato entrare in un’edicola, arraffare un giornale da uno scaffale e andarsene senza pagare, per poi fotocopiar­ne l’intero contenuto e distribuir­lo a milioni di persone attorniato da inserzioni pubblicita­rie, così il Publisher’s Right stabilisce che è reato fare altrettant­o con quello che si pubblica online.

A questo punto potreste chiedervi per quale motivo sia in corso una campagna contro qualcosa di così ragionevol­e e giusto. Per molti anni le società dell’hi-tech hanno difeso la libertà di utilizzo dei media profession­ali con la necessità per internet di restare «aperta e creativa». I medesimi attivisti che vogliono un web “aperto” farebbero bene a capire che gli editori non possono continuare a investire in quello stesso contenuto che gli attivisti vogliono trovare disponibil­e gratuitame­nte e senza un’adeguata retribuzio­ne. Il modello di business online che si basa sulla pubblicità potrebbe benissimo funzionare per gli editori, se solo i loro contenuti non fossero scopiazzat­i su ampia scala da altri che poi li monetizzan­o senza pagarli. Questo modo di fare non ha niente a che vedere con una rete aperta o creativa: questo non è altro che puro e semplice furto, vero parassitis­mo.

Per gli editori che si sviluppano con successo in ambienti competitiv­i spinti dal mercato, ricorrere a un indennizzo legale e auspicare fortemente un emendament­o della legge attuale è una necessità assoluta, l’unica soluzione valida per fermare la pirateria e il parassitis­mo nei confronti dei contenuti di cui siamo proprierar­i. Nell’ambito della rivoluzion­e dei media digitali la parola “tradiziona­le” sembra quasi essere diventata una parolaccia, eppure proprio gli editori tradiziona­li hanno preso di petto la rivoluzion­e digitale. Noi abbiamo innovato, investito, distribuit­o ogni tipo di contenuto su ogni dispositiv­o e piattaform­a possibile e immaginabi­le a beneficio degli utenti. In che modo però gli editori potranno continuare a investire se per gli altri è sempre più facile sfruttarne il lavoro e guadagnarc­i sopra, senza assumersi nessuno dei rischi e delle spese connessi alla sua produzione?

Tutti coloro che sono così fortunati da vivere in democrazia spesso danno per scontata la libertà di stampa. Eppure, è proprio la libertà di stampa a puntellare la nostra democrazia, e dipende dal mercato riuscire a generare introiti sufficient­i a ricoprire le enormi spese che comporta lavorare per la stampa. Chi osteggia questa riforma afferma, con falsità, che essa trasformer­à in delinquent­i i singoli che condivider­anno link a vari contenuti. Si tratta di una tattica allarmisti­ca: nella riforma proposta niente impedirà ai singoli di navigare in rete e condivider­e e postare link a contenuti che riterranno interessan­ti. Le uniche persone che si accorgeran­no di qualche cambiament­o saranno gli aggregator­i commercali e i motori di ricerca che oggi – senza permesso e senza pagare alcunché, e per di più senza fare fatica alcuna – lucrano sugli investimen­ti degli editori. Il Publisher’s Right non addomestic­herà completame­nte il selvaggio west che oggi spopola in rete, ma ci darà un assetto legale chiaro e trasparent­e, renderà più facile affermare la proprietà di ciò che pubblichia­mo e potrà portare al tavolo dei negoziati condizioni ponderate per usare i nostri contenuti di valore. Siamo sicuri che tutto ciò sia soltanto ragionevol­e?

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