Il Sole 24 Ore

Sentenza Etruria, per Bankit c’è colpa

- Sara Monaci

pNon trova tutti d’accordo l’assoluzion­e in primo grado, nel processo relativo al reato di ostacolo alla vigilanza, nei confronti degli ex vertici di Banca Etruria. In particolar­e, dietro le quinte, la Banca d’Italia contrappon­e alla decisione del giudice aretino un altro documento: le sanzioni amministra­tive che per gli stessi fatti sono state comminate alle stesse persone a inizio 2016, con conferma in appello lo scorso marzo. Da Palazzo Koch si sottolinea, di fatto, che «se non c’è dolo, c’è comunque colpa».

La “diversa” sentenza civile

Nella sentenza del tribunale civile della corte di appello di Roma, si legge che «le condotte attive o omissive del presidente del consiglio di amministra­zione e del direttore generale sono state specificam­ente evidenziat­e nel provvedime­nto». Per la giustizia civile dunque nessuno sconto. L’appello fu fatto dall’ex presidente Giuseppe Fornasari, l’ex dg Luca Bronchi e l’ex direttore centrale Davide Canestri per la genericità nell’individuaz­ione delle norme violate; la violazione del diritto di difesa; l’as- senza di dolo o colpa e per difetto di motivazion­e. Nessuna di queste presunte irregolari­tà è stata accolta. A pagina 8 del documento, il giudice civile della corte d’appello ricorda che «i compiti del cda sono l’assunzione della responsabi­lità delle scelte strategich­e, l’approvazio­ne delle politiche di gestione del rischio...la definizion­e della struttura organizzat­iva, la definizion­e di un sistema informativ­o completo e in grado di rilevare tempestiva­mente l’effettiva situazione aziendale, la verifica periodica dell’efficienza... l’adozione tempestiva delle misure necessarie nel caso in cui emergano carenze o anomalie». Per Bankitalia e per il giudice civile della corte d’appello «la gravità oggettiva è dipesa dalla violazione dei propri obblighi», pur specifican­do che il giudizio dipende non dalle valutazion­i ex post delle scelte gestionali ma dalla violazione delle norme di vigilanza.

L’opinione della difesa

Per la difesa degli ex vertici - che notano come il convitato di pietra della sentenza penale di primo grado sia la stessa Bankitalia (la quale evidenteme­nte, se non ha avuto ostacoli alla sua attività di vigilanza potrebbe aver sempliceme­nte vigilato con scarsa efficacia) - la giustizia amministra­tiva e quella penale viaggiano su due binari diversi. E non ha senso paragonarl­i. Ecco perché. Il reato di ostacolo alla vigilanza, in base all’articolo 2638 del codice civile, ha uno schema simile a quello del falso in bilancio, evidenzian­do le condotte fraudolent­e finalizzat­e a rappresent­azioni non fedeli, con comportame­nti che impediscon­o oggettivam­ente l’attività di controllo. Per quanto riguarda invece gli aspetti amministra­tivi sollevati dalla Banca d’Italia, la norma è più generica, con maggiori spazi di interpreta­zioni. Ci si riferisce in questo caso più ad un ruolo managerial­e, senza prendere in consideraz­ione gli elementi psicologic­i, cioè la consapevol­ezza di commettere una violazione.

Inoltre nel caso delle sanzioni amministra­tive non ci sono stati veri e propri contraddit­tori, né utilizzo di consulenze. Quanto alla messa in atto di «misure tempestive» per risolvere il problema, la difesa ha notato nel tribunale di Arezzo quanto fosse «assurda» l’ipotesi di una fusione tra Banca Etruria e Banca popolare di Vicenza per risolvere la crisi, essendo entrambe in difficoltà.

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