Cade il «sospetto» sui prelievi
pLe indagini finanziarie si devono focalizzare sull’attività istruttoria senza automatismi sull’accertamento.
Con la conversione in legge del Dl 193/2016 (in attesa di pubblicazione in « Gazzetta Ufficiale»), la disciplina delle indagini finanziarie viene riportata alla sua naturale ”funzione” riguardante l’attività istruttoria e non di accertamento. La norma modificata è l’articolo 32, comma 1, n. 2 del Dpr 600/1973, la quale, nella prima parte, si occupa dei versamenti non giustificati in relazione ai rapporti intrattenuti con gli intermediari finanziari. Va rilevato che questa parte della norma riguarda tutti i contribuenti: dal professionista al lavoratore dipendente. Essa sta a significare che se vi sono dei versamenti dei quali il contribuente non è in grado di dare giustificazione, questi si possono considerare maggiore reddito.
Nell’articolo 32 vi è poi una specifica previsione riguardante i prelievi, destinata invece esclusivamente agli i mprenditori, che poi dal 2005 è stata estesa ai professionisti. Questa disposizione prevedeva: «sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempre che non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi». La norma vorrebbe dire, in sostanza, che se vi sono dei prelievi dei quali non si è in grado di indicare il beneficiario, si può ritenere che siano serviti per acquisti in nero con successiva vendita sempre in nero. Su questo punto è intervenuta la Consulta, con la sentenza 228/2014, che ha stabilito l’illegittimità costituzionale della previsione legata ai “compensi” dei professionisti. Così, in sede di conversione del decreto fiscale 193/2016, sono state eliminate le parole “o compensi”: in sostanza, viene “ratificata” l’inapplicabilità della previsione dei prelievi non giustificati dei professionisti.
Sempre per i prelievi che, a questo punto, riguardano solo gli imprenditori, il nuovo de- creto fissa dei limiti quantitativi, prevedendo che solamente quelli che risultano superiori a mille euro giornalieri e, comunque, a 5mila euro mensili possono eventualmente essere considerati ricavi non dichiarati.
Questi risultano, in sostanza, gli interventi operati con il Dl 193/2016. Vi è, è vero, qualche contraddizione con i documenti di accompagnamento al provvedimento, nei quali si ventila il fatto che per i professionisti verrebbero eliminate anche le disposizioni relative ai versamenti non giustificati, ma si tratta di un evidente lapsus, posto che la legge non dice questo e che, se anche fosse, la norma risulterebbe chiaramente illegittima in quanto non avrebbe senso togliere la norma sui versamenti non giustificati dei professionisti e mantenerla per tutti gli altri contribuenti.
L’intervento operato ha tuttavia un risvolto molto più pregnante. In passato è stata sostenuta la tesi (dall’Agenzia ma anche dalla Cassazione) che le disposizioni sulle indagini finanziarie racchiudessero delle presunzioni legali relative. Più volte su questa pagine è stato rappresentato che non poteva essere così. In primo luogo, se si trattasse di presunzione legale, la prova contraria che il contribuente (visto che le presunzioni legali invertono l’onere probatorio) dovrebbe dare è sul fatto presunto. Ma, ad esempio, la norma sui prelievi “chiede” al contribuente di fornire l’indicazione del beneficiario, che non può essere il fatto presunto, visto che quest’ultimo è dato dall’eventuale ricavo non dichiarato. Inoltre, va rilevato che la norma utilizza la locuzione che le operazioni (sia i versamenti che i prelevamenti) sono “poste a base” delle rettifiche: il che vuole proprio evitare la trasformazione degli elementi raccolti in prove automatiche di evasione. Poi va ricordato che l’articolo 32 del Dpr 600/1973 prevede che le operazioni relative alle indagini finanziarie sono poste a base di specifiche norme di accertamento: quelle degli articoli da 38 a 41 del Dpr 600/1973. Dove, ad esempio, se si circoscrive l’analisi sulle imprese – e quindi si guarda l’articolo 39 del Dpr 600/1973 - non si rileva alcuna presunzione legale.
Il fatto che non si tratti di presunzione legale trova ora conferma con i nuovi limiti quantitativi sui prelievi di mille euro giornalieri, e comunque di 5mila euro mensili. Non può essere che una presunzione legale identifichi un limite quantitativo di tal genere. Risulterebbe incostituzionale: per un ricco imprenditore prelevare mille euro al giorno può essere poco e niente, mentre risulta senz’altro un importo considerevole per un piccolo imprenditore.
MODIFICHE E CONFERME Il Dl si allinea alla Consulta in merito ai prelevamenti; nessuna modifica per i versamenti non giustificati