SPESE DI TRASPORTO DISTINTE DAL COMPENSO
Subito deducibili i costi per il viaggio del consulente
pNon solo vitto e alloggio: il committente del professionista potrà, dal 2017, dedurre direttamente anche le spese di viaggio e trasporto sostenute per permettere la mobilità del proprio consulente senza che ciò configuri un compenso in natura del prestatore.
Per comprendere appieno la semplificazione prevista in sede di conversione del decreto legge fiscale, Dl 193/2016 integrando il comma 5, secondo periodo, dell’articolo 54 del Tuir, occorre ricordare quanto previsto dall’articolo 36, comma 29 del Dl 223/2006, con cui venne disposto che le spese di vitto e alloggio risultavano integralmente deducibili dal professionista (senza sottostare ai limiti proporzionali ai compensi) «se sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate nella fattura». Veniva introdotto, pertanto, un tortuoso meccanismo di “sospensione” della deducibilità del costo da parte del committente (nonostante il documento di spesa fosse a lui intestato), in attesa che il professionista cumulasse tale importo ai propri compensi in denaro e fatturasse la prestazione (circolari 28/E/2006 e 11/E/2007).
La procedura così prevista era, nella pratica, poco seguita, non solo in quanto farraginosa ma perché non si comprendeva il motivo per cui il committente - che pagava una spesa di vitto o di alloggio per permettere al professionista in trasferta di svolgere al meglio la prestazione concordata (si pensi a una difesa in Tribunale o in Commissione tributaria, o alla presenza del Collegio sindacale presso la sede in occasione dei consigli di amministrazione) - non stesse, in realtà, sostenendo un costo nel proprio esclusivo interesse, inerente e deducibile in quanto tale.
Le categorie professionali hanno sin da subito osteggiato questa disposizione (che, secondo la circolare 1/IR/2008 del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti , oltre che poco razionale, individuava in queste spese “prepagate” una funzione remunerativa del tutto assente), ottenendo un primo successo con il decreto semplificazioni, n. 175/2014, il cui articolo 10 ha previsto, con decorrenza 2015, che le spese di vitto ed alloggio, ove sostenute dal committente, non costituivano, in ogni caso, compenso in natura del professionista, lasciando così intendere che esse fossero direttamente detraibili dal committente stesso.
Una conferma di ciò è giunta anche dall’agenzia delle Entrate (circolare 31/E del 30 dicembre 2014), la quale, tuttavia, ha assunto una lettura molto restrittiva della nuova disposizione, affermando che essa non sarebbe stata applicabile: 1 nell’ipotesi in cui le spese di vitto e alloggio fossero sostenute direttamente dal lavoratore autonomo e analiticamente addebitate in fattura; 1 in caso di prestazioni diverse, quali ad esempio le spese di trasporto, ancorché acquistate direttamente dal committente.
La conversione del Dl 193/2016 risolve il secondo problema, almeno per le spese di viaggio e trasporto “prepagate” che vengono (purtroppo solo dal 2017) assimilate alle spese di vitto e alloggio.
Per far sì che il riaddebito analitico delle spese sostenute in proprio dal professionista cessino di essere soggette ai limiti di cui al primo periodo del comma 5 dell’articolo 54, occorre invece attendere l’entrata in vigore del «job’s act autonomi», che, nella versione licenziata dal Senato, prevede, in tal caso, la deducibilità integrale dei costi di vitto e alloggio.