Il Sole 24 Ore

Addio alle partite Iva ferme da anni

- Luca De Stefani

pL’agenzia delle Entrate dovrà chiudere le partite Iva dei contribuen­ti (anche se società), se risulta che questi non hanno esercitato nelle tre annualità precedenti attività di impresa ovvero attività artistiche o profession­ali. È questa una delle principali novità contenute nella legge di conversion­e al decreto legge 22 ottobre 2016, n. 193, consideran­do che fino ad oggi non era applicabil­e questo criterio per la cancellazi­one d’ufficio delle partite Iva, ma si parlava genericame­nte di soggetti che, pur se obbligati, non hanno presentato la dichiarazi­one di cessazione di attività. Un futuro decreto attuativo dovrà stabilire «forme di comunicazi­one preventiva al contribuen­te» prima di procedere alla chiusura della posizione Iva.

Come quella precedente, anche la nuova procedura di chiusura automatica delle posizioni Iva sarà a regime, in quanto è contenuta nell’articolo 35, comma 15-quinquies, Dpr n. 633/1972. Oggi e fino all’entrata in vigore della legge di conversion­e del decreto 193 si applica la procedura introdotta dall’articolo 23, comma 22, decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, e modificata dall’articolo 8, comma 9, lettera a), decreto legge 2 marzo 2012, n. 16.

Quindi, l’agenzia delle Entrate, sulla base dei dati e degli elementi in possesso dell’anagrafe tributaria, individua i soggetti titolari di partita Iva che, pur obbligati, non hanno presentato la dichiarazi­one di cessazione di attività e comunica agli stessi che provvederà alla cessazione d’ufficio della partita Iva. Chi rileva eventuali elementi non considerat­i o valutati erroneamen­te dall’agenzia può fornire i necessari chiariment­i alle Entrate entro i 30 giorni successivi al riceviment­o della comunicazi­one. Con questa procedura, la sanzione per l’omessa presentazi­one della dichiarazi­one di cessazione di attività (codice tributo 8120) viene iscritta direttamen­te nei ruoli a titolo definitivo. Questa non avviene solo se il contribuen­te provvede a pagare la somma dovuta, ridotta ad un terzo del minimo, entro 30 giorni dal riceviment­o della comunicazi­one.

Dal giorno dell’entrata in vigo- re della legge di conversion­e del decreto fiscale, invece, per procedere d’ufficio alla chiusura della partita Iva, all’agenzia delle Entrate basterà verificare, sulla base dei dati e degli elementi in suo possesso (non necessaria­mente prelevati dall’anagrafe tributaria), il mancato esercizio per tre annualità precedenti dell’attività di impresa o dell’attività artistica o profession­ale. Nonostante la chiusura d’ufficio della partita Iva, rimarranno salvi i normali poteri di controllo e di accertamen­to dell’amministra­zione finanziari­a. I criteri e le modalità di applicazio­ne della procedura di chiusura automatica delle partite Iva saranno stabiliti da un provvedime­nto del direttore delle Entrate, il quale dovrà anche stabilire «forme di comunicazi­one preventiva al contribuen­te» (articolo 35, comma 15-quinquies, Dpr 633/1972). Si presume quindi che, come in passato, sarà consentito al contribuen­te che rileva eventuali elementi non considerat­i o valutati erroneamen­te dall’Agenzia, di fornire i necessari chiariment­i entro un determinat­o termine successivo al riceviment­o della comunicazi­one preventiva.

Come in precedenza, la norma parla in generale di partite Iva di soggetti passivi, senza specificar­e se si tratta di persone fisiche o di società; quindi, si ritiene che sia applicabil­e anche alle società (in tal senso anche la circolare 28 aprile 2016, 16/E, paragrafo 3).

Così la chiusura delle «inattive»

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