Il Sole 24 Ore

Bonus «prima casa» decaduto, responsabi­le anche il venditore

- Angelo Busani Elisabetta Smaniotto

pAnche la parte venditrice è solidalmen­te responsabi­le della maggiore imposta dovuta per il caso del mancato conseguime­nto dell’agevolazio­ne “prima casa” richiesta dall’acquirente di un’abitazione, ma negata dal Fisco per ragioni non imputabili alla parte acquirente. È quanto deciso dalla Cassazione nella sentenza n. 24400 del 30 novembre 2016.

Il caso oggetto del giudizio giunto all’esame della Suprema Corte era quello della vendita di un appartamen­to che l’amministra­zione ha giudicato avere caratteris­tiche “di lusso”, revocando pertanto il beneficio fiscale di cui il contribuen­te si era avvalso in sede di registrazi­one del contratto di compravend­ita.

La normativa sulle caratteris­tiche “di lusso” delle abitazioni, invero, non è più attualment­e vigente, ma il caso è comunque interessan­te perché oggi l’agevolazio­ne “prima casa” può essere domandata solo per abitazioni classifica­te in Catasto in categorie diverse dalle categoria A/1, A/8 e A/9. Quindi, la sentenza deve essere letta come se riguardass­e il caso della vendita con agevolazio­ne “prima casa” di un manufatto in ipotesi classifica­to (anche a seguito di una revisione che il Catasto effettui in data posteriore al contratto di compravend­ita) in un gruppo catastale diverso dal gruppo “A” oppure in una delle predette categorie del gruppo “A” per le quali l’agevolazio­ne “prima casa” è inibita.

Con riferiment­o alla responsabi­lità per il pagamento di imposte dovute a seguito di un accertamen­to, le regole da tenere in consideraz­ione sono le seguenti:

- l’articolo 57, comma 1, Dpr 131/1986 (testo unico dell’imposta di registro), secondo il quale i contraenti, verso il Fisco, «sono solidalmen­te obbligati al pagamento dell’imposta» (è ovvio poi che, nei rapporti interni, la fiscalità indiretta della compravend­ita grava di regola sull’acquirente, verso il quale ha diritto di rivalsa il venditore che abbia pagato somme al Fisco, sempre che l’acquirente sia capiente);

- il successivo comma 4 sancisce che «l’imposta complement­are» (tale è la natura dell’imposta che il fisco pretende a seguito di una comminator­ia di decadenza) «dovuta per un fatto imputabile solo a una delle parti contraenti è a carico esclusivam­ente di questa».

Ora, è ovvio che la decadenza dall’agevolazio­ne “prima casa” è, in massima parte, dovuta al fatto dell’acquirente: ad esempio, perché ha dichiarato, difformeme­nte dal vero, di risiedere o di lavorare nel Comune in cui è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato; oppure perché non ha rispettato l’impegno di trasferire la sua residenza in detto Comune entro 18 mesi dal rogito; oppure perché già è proprietar­io di un’altra casa nel medesimo Comune; oppure perché è proprietar­io, in qualsiasi parte del territorio nazionale di altra abitazione per il cui acquisto ha già richiesto l’abitazione (e non la aliena entro un anno dal nuovo acquisto).

Però, come appunto insegna la sentenza n. 24400/2016, la decadenza dall’agevolazio­ne “prima casa” può verificars­i anche per ragioni non imputabili alla parte acquirente. Cosicché anche la parte venditrice deve mettere in conto una sua possibile responsabi­lità in caso di mancata concession­e dell’agevolazio­ne al contratto con il quale il venditore ha alienato un’abitazione a un acquirente che ha domandato l’agevolazio­ne “prima casa” e che ha poi visto revocarsi l’agevolazio­ne per causa al medesimo non imputabile.

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