Il Sole 24 Ore

Se torna il fantasma dell’equo canone

- Cesare Rosselli

pL’equo canone, ossia il sistema di determinaz­ione dell’affitto degli appartamen­ti abitativi attraverso di calcoli stabiliti per legge, è stato da tempo superato: prima il Dl 333/92 ha introdotto la possibilit­à di stipulare dei patti in deroga , poi la legge 431/98 ha esplicitam­ente abrogato tutte le norme della legge 392/78 per determinar­e l’equo canone

Ma ancora nelle aule di giustizia si discute di determinaz­ione del canone di restituzio­ne degli importi versati dal conduttore in più del canone massimo della legge 392/78 e ancora vi sono contratti ad equo canone. Ciò accade in tutti quei casi in cui il contratto è stato inizialmen­te stipulato a equo canone sia perché stipulato prima del 1992 o perché stipulato prima del 1998 senza avvalersi della possibilit­à di deroga (per esempio per non dover prevedere una durata più lunga).

In questi casi trovava applicazio­ne la norma-ponte della legge 431/98 (articolo 6) che prevedeva che i contratti in corso al momento della sua entrata in vi- gore si rinnovasse­ro automatica­mente passando al nuovo regime se non disdettati. È così accaduto che contratti soggetti al regime dell’equo canone passassero al nuovo regime quanto alla durata (4 + 4 anni) ma rimassero, quanto al canone, nel precedente regime.

E qui si è manifestat­o un primo problema: se il canone era già prima dell’entrata in vigore delle legge 431/98 superiore a quello “equo”, il conduttore poteva e può richiedern­e la restituzio­ne anche dopo il passaggio al nuovo regime e ha diritto di farlo in riferiment­o al periodo dalla iniziale stipula del contratto sino al periodo successivo alla rinnovazio­ne tacita avvenuta nella vigenza della legge 431/98. In sostanza: la tacita rinnovazio­ne del contratto e il passaggio al nuovo regime lascia in vita – salva la prescrizio­ne – l’equo canone e la possibile azione di rimborso da parte del conduttore (sul punto la Cassazione ha espresso di recente una orientamen­to uniforme con le sentenze 3596/2015, 26802/2013 e 24498/2013).

Un secondo problema si verifica quando, dopo l’entrata in vigore della legge 431/98, le parti abbiamo convenuto un canone libero, aggiuntivo del precedente, senza però stipulare un nuovo contratto. Il patto integrativ­o viene giudicato nullo in riferiment­o (articolo 13, 1° comma della legge 431/98) in quanto considerat­o come canone maggiore di quello risultante dal contratto scritto e registrato (Cassazione, sentenza 18213/2015), con la conseguenz­a che il canone contrattua­le resta il vecchio “equo canone” e le differenze versate in più sono possibile oggetto di azione di rimborso. E si ricordi che – sempre secondo la sentenze citate – l’eventuale registrazi­one tardiva della scrittura aggiuntiva non ha effetto di sanatoria: quindi il patto sul maggior canone resta comunque invalido.

Sia pure in modi diversi, in entrambi i casi esaminati il fantasma dell’equo canone riappare. Dunque, in presenza di queste i nterpretaz­ioni giurisprud­enziali che, per quanto autorevoli, non appaiono convincent­i, l’unico modo per superare definitiva­mente la normativa dell’equo canone abrogata dal 1998 è stipulare un nuovo contratto con nuova decorrenza e nuovo canone.

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