Come evolve lo Stato
Dalla nascita della nazione all’era della globalizzazione e dei rapporti con la Ue: il saggio di Sabino Cassese
Lo scrittore americano Mark Twain scrisse una lettera a un quotidiano californiano che aveva riportato la notizia della sua morte invitandolo a non esagerare. Nello stesso modo, si potrebbe dire, l’ultimo saggio di Sabino Cassese ci invita a non esagerare la notizia sulla fine o la morte dello Stato. Con la finezza intellettuale che gli è propria, Sabino Cassese (studioso di diritto amministrativo di fama internazionale) sintetizza in un volume di agevole lettura sia la vicenda plurisecolare dello Stato moderno che la riflessione teorica che l’ha accompagnata.
Il volume è diviso in tre capitoli. Il primo ricostruisce la nascita dello Stato nazione e la sua trasformazione nel processo di globalizzazione. Il secondo discute le implicazioni di quella trasformazione sui tre cardini dello Stato nazione: il territorio, il popolo e la sovranità. Il terzo analizza la specifica vicenda europea, con la nascita dell’Unione Europea e lo sviluppo di un ordine giuridico che va oltre lo Stato nazione. Ogni capitolo è sostenuto da una vasta letteratura scientifica, che l’autore utilizza con grande sapienza. Insomma, un libro consigliabile a tutti coloro che si interessano delle grandi questioni politiche e non solo giuridiche. Leggendolo, si ha la sensazione di seguire un filmato, piuttosto che di guardare una fotografia. Perché Cassese mostra il “movimento” dello Stato nazione, non già le sue caratteristiche statiche nel-
l’uno o nell’altro periodo storico.
Qui mi limito a discutere due punti, il primo relativo al rapporto tra Stato nazionale e globalizzazione e il secondo relativo al rapporto tra Stato nazionale e Unione Europea. Cominciamo dal primo rapporto. Cassese destruttura efficacemente il concetto di globalizzazione e la sua realizzazione storica. Contrariamente a un’opinione diffusa (tra politici ma anche tra studiosi, in particolare economisti) che ha assunto la globalizzazione come un processo destinato a sciogliere gli Stati nazionali all’interno del contenitore dell’economia globale, Cassese mostra come la globalizzazione sia il risultato di scelte compiute dagli Stati nazionali per affrontare sfide di policy che non avrebbero potuto risolvere da soli. Non solo gli Stati nazionali hanno favorito la globalizzazione, ma hanno anche cercato di controllarla, o comunque condizio-
narla, partecipando attivamente alla formazione e al funzionamento di istituzioni e agenzie regolative internazionali, create proprio per affrontare quelle sfide. Si è così attivata una complessa e dinamica relazione tra gli Stati nazionali e gli organismi internazionali. E soprattutto tra un ordine legale globale, seppure frammentato e asimmetrico, e gli ordini legali statali. Peraltro, Cassese è stato tra i primi giuristi ad avviare l’indagine scientifica sui meccanismi di formazione di una global law e sulle sue implicazioni sul piano nazionale. Dunque, la globalizzazione è avvenuta attraverso gli Stati nazionali, non già contro di essi. Certamente il suo consolidamento, attraverso una rete diffusa di regimi internazionali di policy, ha ridimensionato i poteri tradizionali degli Stati nazionali. Ma quella rete diffusa ha anche contribuito al salvataggio degli Stati nazionali, in quanto ha consentito a questi ulti- mi (entrando in quei regimi) di rispondere a sfide che non sarebbero stati in grado di affrontare da soli. Con l’esito che la loro accresciuta efficienza è riuscita a preservarne la legittimazione nei confronti dei propri cittadini.
Vediamo ora il secondo rapporto, quello che si è instaurato tra gli Stati nazionali e il processo di integrazione europea. Anche su questo, la riflessione di Cassese ha una sua coerenza. Siamo di nuovo di fronte a una trasformazione, non già a una relazione a somma zero. L’integrazione europea ha favorito un processo di de-territorializzazione degli Stati che vi partecipano, obbligandoli a ridefinire i loro fondamentali, a cominciare dalla cittadinanza. Nello stesso tempo, tale ridefinizione ha condotto a una interpretazione molto più flessibile delle appartenenze territoriali. Si è così creato un sistema istituzionale composito, che assomiglia molto di più alle entità politiche premoderne (come gli imperi con giurisdizioni che si intrecciavano e si sovrapponevano) che allo Stato territoriale moderno (così come è stato in particolare concettualizzato dalla tradizione giuridica tedesca). Anche in questo caso, dietro il nuovo sistema composito vi sono ragioni sistemiche, non già contingenti. Intrecciando gli Stati e le loro sovranità si è cercato, da un lato, di ridurre il potenziale di antagonismo che aveva caratterizzato storicamente le loro relazioni reciproche e, dall’altro lato, di accrescere le loro capacità regolative partecipando ad un sistema più ampio.
Come si vede, le sovranità nazionali non sono state cancellate, ma sono state ridefinite in direzione di quella sovranità condivisa che connota sempre di più la global polity. Per Cassese, l’Unione Europea è il modello più avanzato di cooperazione inter-statale, un modello che è divenuto un punto di riferimento sul piano internazionale. L’esperienza europea mostra che gli Stati possono mettere in comune molti dei loro poteri, ovvero possono trasferire pezzi di sovranità dal livello nazionale a quello sovra-nazionale, senza rinunciare a essere i «padroni dei Trattati» fondativi dell’Unione (così come dichiarato dalla Corte federale costituzionale tedesca). Anzi, per Cassese, in continuità con una linea di pensiero resa famosa da Jean Monnet, le crisi hanno sollecitato gli Stati europei ad andare avanti nel processo di cooperazione integrativa, seguendo percorsi tuttavia da essi stabiliti controllati. Insomma, anche in Europa, lo Stato è resiliente. Si tratterà di capire come tale resilienza possa conciliarsi con la spinta a trasformare la cooperazione inter-statale in un’unione politica. Sabino Cassese, Territori e potere. Un nuovo ruolo per gli Stati?, il Mulino, Bologna; pagg. 130, € 12