In bilico l’aumento di Mps, il Tesoro valuta il piano B
Domani riunione dei consigli delle maggior i banche italiane Oggi il vertice con JP Morgan e Mediobanca
pLa vittoria del No e le dimissioni di Renzi aprono una fase di incertezza politica che può mettere a rischio il settore più esposto alla speculazione: le banche. Innanzitutto il piano di salvataggio del Monte dei Paschi di Siena, perché potrebbero venire a mancare le condizioni per far funzionare il puzzle finalizzato all’aumento di capitale da 5 miliardi. Molto dipenderà dai mercati, a cui sono appesi gli investimenti del Qatar e dei fondi Usa. Oggi in calendario le riunioni con JP Morgan e Mediobanca, domani il cda del Monte e quelli di Intesa, UniCredit, Bpm, Bper e Banco Popolare. Il Tesoro intanto prepara un «piano B» per organizzare gli strumenti necessari a fronteggiare i rischi di una crisi per i titoli e i piani di ricapitalizzazione delle banche.
pI l Tesoro aspetta il responso dei mercati sul voto e prepara un «piano B» per organizzare gli strumenti necessari a fronteggiare una crisi che investisse i titoli e i piani di ricapitalizzazione delle banche maggiormente i n difficoltà, a partire da Mps.
Quella che i mercati offriranno oggi a fine giornata sarà una prima risposta importante per capire gli effetti del voto sui titoli del credito, i ncognita numero uno per gli occhi internazionali che guardano al sistema Italia. Ma come mostrano i giorni immediatamente successivi agli ultimi giri di giostra geopolitici, da Brexit all’elezione di Trump, servirà qualche giorno in più per capire le prospettive su un terreno reso delicato dall’incrocio fra gli aumenti di capitale in cantiere, tra cui spicca per delicatezza quello di Rocca Salimbeni sul quale gli investitori internazionali si sono fermati un passo indietro proprio in attesa del voto e dei suoi possibili effetti, e lo stop arrivato dal Consiglio di Stato sulla riforma delle popolari.
In questo quadro l’ottica del Tesoro resta quella più volte indicata alla vigilia del voto dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, secondo cui la vittoria del No non significherebbe automaticamente un passaggio drammatico per l’Italia. Uno snodo decisivo per le varie partite bancarie in corso è il rapporto con la commissione Ue. Mentre su titoli di Stato e spread lo scudo continua a essere quello imbracciato dalla Bce, sul versante del credito tocca a Roma costruire un eventuale linea di difesa ulteriore, discutendone con Bruxelles dove oggi è in programma l’Eurogruppo e domani l’Ecofin, da modulare a seconda dell’intensità della reazione dei mercati nei prossimi giorni.
I fronti, in verità sono diversi, e diversi gli strumenti per gestirli. Per Monte dei Paschi, oltre che per gli altri titoli bancari che dovessero entrare in sofferenza, i dossier viaggiano invece fra Roma e Bruxelles. Dalla commissione, si ricorderà, il Tesoro ha già ottenuto prima dell’estate la possibilità di attivare una garanzia pubblica da 150 miliardi a sostegno della liquidità delle banche “solvibili” come supporto precauzionale da attivare, su richiesta e in caso di necessità, fino a dicembre.
Allora sembrò uno strumento teorico da usare, oggi potrebbe tornare utile da annunciare - secondo la logica del «whatever it takes» enunciata dal presidente della Bce Mario Draghi - o da utilizzare se la crisi si avvitasse. Per farlo funzionare ci vorrebbe comunque il recepimento in un decreto legge.
Si tratterebbe, ovviamente, di uno strumento di extrema ratio per situazioni di crisi che al momento non si profilano.
Ora come allora il problema principale riguarda invece l’eventualità che emerga l’esigenza di un sostegno pubblico se l’aumento di capitale di Mps dovesse rivelarsi impresa troppo difficile con i soli strumenti di mercato.
L’eventualità, sempre esclusa da Via XX Settembre nella lunga fase di attesa del voto di ieri, non è in ogni caso destinata a prospettarsi a giorni, ma è ovvio che il terreno per gestirla ha bisogno di tempo per essere preparato. Nei giorni scorsi il Tesoro ha più volte fatto capire che per gli investitori istituzionali la conversione dei bond subordinati chiusa a Siena la scorsa settimana sarebbe stata l’occasione migliore per difendere le somme impegnate, perché la discussione con Bruxelles su una possibile sospensione della condivisione dei costi («burden sharing») si è sempre concentrata sui costi a carico dei piccoli risparmiatori. A meno che, ovviamente, la questione prenda la piega del « rischio sistemico», che direttiva Ue alla mano permette di aprire l’ombrello pubblico senza far scattare il bail in.
Ma a guardare alle vicende bancarie potrebbe essere anche il Parlamento, con il ripescaggio al Senato delle norme sulle rateizzazioni in cinque anni del fondo di risoluzione cadute alla Camera. Ma anche questo dipende da come la politica deciderà di gestire il post-voto.
Sul versante delle popolari, che dopo la decisione del consiglio di Stato attende anche la pronuncia della Consulta sul ricorso per conflitto di competenze sollevato dalla Lombardia, l’orizzonte è tutto italiano. I tecnici del Tesoro lavorano a una soluzione ponte, che potrebbe tradursi i n un decreto, per puntellare il quadro giuridico sulle operazioni già avviate e su quelle che ancora devono arrivare in assemblea, dalla Popolare di Bari a quella di Sondrio.
IL DECRETO BANCARIO Ipotesi di decreto bancario con la norma ponte per superare l’impasse sulle popolari e, se serviranno, le misure di sostegno a Mps