Il Sole 24 Ore

Quell’agenda economica che non può attendere

- Di Guido Gentili

L’agenda dell’Italia deve essere riempita di contenuti e atti operativi che siano in grado di far fronte, per l’oggi e per il domani, ad ogni emergenza e sia capace di riaffermar­e l’idea che questo Paese non è impermeabi­le alle riforme. La messa in sicurezza della Legge di Bilancio, già approvata dalla Camera e in attesa dell’esame del Senato, è un passaggio essenziale: rimetterla in discussion­e sarebbe come versare benzina sul fuoco dei mercati, tanto più che è aperto anche un negoziato non facile in Europa, dove viene chiesto al governo italiano di rinforzare la manovra per il 2017. Occorre una nuova legge elettorale e bisogna che il progetto di Industria 4.0 continui a camminare, perché qui ci si gioca una grande fetta di futuro.

È evidente, in termini di stabilità del sistema-Italia, la vittoria del “No” complica, e non semplifica, i conti politici e economici. Il quadro generale è ribaltato. La riforma costituzio­nale proposta dal Governo Renzi è stata bocciata dagli italiani ed il premier Matteo Renzi (il “riformator­e imperfetto” secondo la stampa anglosasso­ne), che su questa sfida aveva puntato tutte le sue carte per affermare definitiva­mente la sua leadership, ne prende atto, annunciand­o le dimissioni, con trasparenz­a e dignità.

Una strada si è interrotta, e la parola passa al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il cui equilibrio e determinaz­ione in passaggi ad alta tensione come quello attuale sono garanzia di un approdo comunque sicuro. Questo è un punto fermo e non è per fortuna il solo quando, sui terreni della finanza e della diplomazia, i venti dell’incertezza sul caso-Italia tireranno forti.

Il Paese non era e non è sull’orlo di un crac, resta una potenza industrial­e di prima grandezza rispettata ed apprezzata in tutto il mondo, ha dimostrato sempre di saper reagire nei momenti più difficili della sua storia. E non è solo, nel senso che la rete di sicurezza della Bce guidata da Mario Draghi è anch’essa un punto fermo. Un passaggio referendar­io, per quanto molto importante e per quanto in questo caso investa direttamen­te il capo del Governo, non è insomma il Giudizio universale né in un senso né nell’altro. Così come il “Sì” non sarebbe stato un passaporto per il Paradiso, il “No” non è la condanna all’Inferno.

In ogni caso si sarebbe dovuto lavorare duro, e con la serietà che una sfida del genere impone, per ritrovare una crescita vera e per modernizza­re un sistema fiaccato da una crisi violenta e dagli innumerevo­li problemi che si trascina insoluti da decenni.

La vittoria del “No” (proposto da un fronte composito che spazia da un’euro-critica costruttiv­a alla peggiore cultura anti- industrial­e) apre a scenari inediti e cambia le prospettiv­e politiche. Le aspettativ­e internazio­nali, a partire da quelle europee, puntavano sul “Sì” in nome della stabilità di governo e di una spinta al cambiament­o che il giovane leader Renzi aveva fin dall’inizio messo in cima alla sua agenda raccoglien­do molti consensi. Da oggi, evaporato il “Sì”, potrebbe così riproporsi l’immagine di un Paese in fondo irriformab­ile che galleggia più o meno allegramen­te in acque stagnanti a cavallo del terzo debito pubblico del mondo e di un sistema bancario in coma profondo.

È bene dirlo chiaro. Quest’idea del Paese irriformab­ile è tanto falsa quanto pericolosa e va combattuta con decisione per evitare che la scontata volatilità sui mercati e le perplessit­à che fioccheran­no dalle cancelleri­e europee si trasformin­o, ad esempio, in un più alto costo di finanziame­nto del debito e in un giudizio apocalitti­co sul sistema bancario italiano. Che a partire dalla vicenda Monte Paschi – la cui ricapitali­zzazione era legata a doppio filo con l’esito del referendum- potrebbe scaricarsi, con effetti a catena, anche sugli istituti più solidi.

Quale che sia il Governo che dovrà affrontare una stagione tra le più difficili degli ultimi anni, autorevole­zza e competenza devono essere la bussola per consentire all’Italia di riprendere il cammino di una crescita sostenuta e fondata su un recupero della produttivi­tà che manca da troppo tempo all’appello. Vuol dire che si deve insistere sulle riforme? Non c’è dubbio.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy