Il Sole 24 Ore

Tar, legali in affanno sugli atti online

Si è chiusa mercoledì la sper imentazion­e del processo amministra­tivo telematico in vista dell’obbligo dal 1° gennaio Tra le criticità le differenze del sistema rispetto a quello del rito civile e i limiti di dimensione dei file

- Donato Antonucci

Si è chiusa mercoledì scorso la sperimenta­zione del processo amministra­tivo telematico in vista dell’obbligo, che scatterà dal 1° gennaio. Tra le criticità emerse in questa prima fase, le differenze del sistema rispetto a quello del rito civile - che per esempio impedisce la notifica di atti incompleti - e i limiti di dimensione dei file, soprattutt­o per immagini e atti grafici.

Il sistema funziona, ma gli avvocati faticano a usarlo. È questo il primo bilancio, secondo gli operatori, della sperimenta­zione del processo amministra­tivo telematico (Pat), conclusa mercoledì 30 novembre. Le prove tecniche sono partite il 10 ottobre per testare il sistema in vista dell’avvio fissato al 1° gennaio (salvo altri rinvii). Mentre fino al 22 dicembre è disponibil­e un ambiente di test per consentire ai legali di esercitars­i.

Dalle segreterie dei Tar, in particolar­e, sono state rilevate criticità sull’invio del «modulo di deposito» da parte degli avvocati: in alcuni casi è stato spedito più volte (quindi, sono stati generati automatica­mente numeri di ruolo differenti per il medesimo ricorso), in altri è risultato incompleto o irregolare. Errori dovuti soprattutt­o alla difficoltà nell’approcciar­si a un sistema piuttosto complesso e, per alcuni aspetti, diverso da quello già in uso nel processo civile telematico.

L’avvocato alle prese con il deposito telematico di un atto per un processo amministra­tivo è meno guidato rispetto a quel che accade nel Pct. La piattaform­a del Pat, infatti, non “ferma” la spedizione se l’atto è incompleto, mentre il sistema del Pct non consente di effettuare il deposito se mancano elementi fondamenta­li.

Il «modulo di deposito» che il difensore deve inoltrare a mezzo Pec alla segreteria competente costituisc­e la “busta” in cui vanno inseriti tutti gli atti e i documenti da produrre e che va firmata digitalmen­te, ma con un sistema diverso dal Pct: nel Pat si usa la firma digitale Pades ( Pdf Advanced Electronic Signatures), mentre nel Pct si utilizza la Cades ( Cms Advanced Electronic Signatures). La prima non modifica l’estensione del file, leggibile con i comuni reader (come Adobe), mentre la seconda aggiunge l’estensione .p7m al file firmato e servono appositi software per la lettura.

Il Pat segue il Pct sul limite di dimensione degli allegati. Anche nel Pat vale il tetto di 30 megabyte per il modulo di deposito: si tratta di circa 300 pagine di fogli dattiloscr­itti e passati allo scanner o, indicativa­mente, di dieci fotografie.

È però prevista la possibilit­à di un upload, cioè il caricament­o diretto sul sito istituzion­ale della giustizia amministra­tiva ( www.giustizia-amministra­tiva.it). In questo caso il limite massimo è 60 megabyte, ogni file può arrivare a 10 megabyte e si possono effettuare depositi multipli di moduli con dimensioni inferiori. Ma gli avvocati devono fare attenzione all’orologio: la durata massima della sessione di caricament­o con upload è di 45 minuti. Inoltre, il Dl 168/16 ha introdotto un altro fattore di flessibili­tà sulle dimensioni dei depositi: il Segretario generale della giustizia amministra­tiva può stabilire, con decreto, i limiti delle dimensioni dei singoli file allegati al modulo di deposito effettuato mediante Pec o upload; e in casi eccezional­i i magistrati possono autorizzar­e il deposito cartaceo (si pensi a piani regolatori o elaborator­i progettual­i complessi).

C’è, infine, la questione delle notifiche. Per ora, come ha ribadito il Consiglio di Stato (sentenza 4727 del 16 novembre scorso) il ricorso notificato in via telematica è inammissib­ile, a meno che non ci sia stata l’autorizzaz­ione del giudice. Solo con la piena operativit­à del Pat si aprirà la strada alle notifiche telematich­e. Ma gli avvocati dovranno fare attenzione alle notifiche alle Pa. In questi casi si possono usare solo gli indirizzi Pec che risultano dai «pubblici elenchi» previsti dall’articolo 16-ter del Dl 179/2012. E, dato che dopo le modifiche introdotte dalla legge 114/2014 nei «pubblici elenchi» non è più incluso l’Ipa (l’indice Pa, che è completo), si può attingere, a pena di nullità, solo all’elenco presso il ministero della Giustizia; a oggi, tuttavia, non tutte le Pa hanno comunicato al ministero il loro indirizzo Pec, nonostante il termine sia scaduto già il 30 novembre 2014. Quella della notifica telematica resterà una facoltà; ed è un bene, dato che in molti casi, nei fatti, non sarà possibile effettuarl­a in modo corretto.

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