Conti pubblici da mettere in sicurezza
Rischio di “deviazione significativa” rispetto all’attuale set di regole europee, con riferimento sia al deficit strutturale che al debito. Ora reso più stringente dalle incognite connesse all’esito del voto sul referendum costituzionale. A urne chiuse e con il risultato ormai acquisito, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan vola questa mattina a Bruxelles per il primo esame europeo della manovra 2017, nella sede “politica” dell’Eurogruppo, per provare a convincere i partner europei che si potrà comunque mettere in sicurezza i conti pubblici. Sulla carta, stando al parere della Commissione, sarebbe necessario colmare lo scarto per un importo vicino allo 0,3% del Pil (poco meno di 5 miliardi). La manovra – proverà a rassicurare Padoan - ha già ottenuto il via libera in prima lettura dalla Camera senza subire sostanziali stravolgimenti o modifiche tali da alternarne l’impianto. E gli ultimi dati diffusi dall’Istat proiettano sull’anno in corso un probabile incremento del Pil nella forchetta tra lo 0,9 e l’1%, contro lo 0,8% stimato dal Governo. Certo ora l’intero quadro macroeconomico sarà posto a dura prova alla luce del responso delle urne. Potrà soccorrere un approccio attendista, più “politico” in sede di Eurogruppo, con l’attesa rivolta agli scenari che si apriranno a partire da oggi, come del resto è avvenuto in occasione del parere espresso dalla Commissione il 16 novembre che ha sospeso il giudizio finale sulla manovra, in attesa dell’esito del referendum.
Resta l’obiezione di fondo: così come delineata dal Documento programmatico di bilancio, la manovra 2017 non è conforme alle regole europee. La “deviazione significativa” rispetto al percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio termine (il pareggio di bilancio), è resa esplicita dal peggioramento del saldo strutturale. In sostanza, il target di riferimento calcolato al netto delle variazioni del ciclo economico e delle una tantum, presenta non una riduzione dello 0,6% - come chiesto dalla Commissione fin dalla scorsa primavera – ma un peggioramento dello 0,4%, passando dall’1,2 all’1,6 per cento. Il tutto a fronte di un debito che – stando alle stime governative ufficiali (si stanno valutando gli effetti della sia pur limitata revisione al rialzo delle previsioni di crescita) – si dovrebbe attestare quest’anno al 132,8% contro il 132,3% del 2015. Solo per fine 2017 è programmato il percorso di riduzione al 132,6%, che al contrario era stato ipotizzato già quest’anno. E proprio sul debito, è atteso per le prossime settimane un dettagliato documento della Commissione che sulla carta potrebbe aprire la strada a una procedura d’infrazione. Ma prima di tutto si dovrà superare lo scoglio di una manovra che aumenta il deficit di 12 miliardi, con l’asticella ora fissata al 2,3% (il Parlamento ha autorizzato uno sforamento fino al 2,4%), contro l’1,8% che il Governo si era impegnato a realizzare lo scorso mese di maggio. Uno spazio di manovra, giustificato per il Governo a causa della doppia emergenza migranti/terremoto, che comunque ad aggiungersi ai 19 miliardi di flessibilità ottenuti nel 2015-2016. L’aspettativa è che su questo punto l’intesa sia possibile, ma a fronte di precise indicazioni (che questa volta sarà arduo disattendere) sul versante della crescita e della riduzione del debito.