Salvini chiede elezioni subito, Berlusconi frena
La vittoria del No è destinata a rivoluzionare anche i rapporti interni al centrodestra. Nonostante l’appartenenza allo stesso fronte anti-Renzi, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi restano distanti. Lo si è visto anche durante questa campagna referendaria. Le frecciate del Cavaliere contro la destra lepenista e la scalata alla leadership del centrodestra del numero uno della Lega e, dall’altra parte, l’accusa di Salvini all’ex premier per una presunta collaborazione con il nemico in chiave di future larghe intese, è destinata a riacutizzarsi.
Il leader della Lega vuole sfruttare la vittoria del No. Ha già detto che non intende sedersi a «tavoli» che possano consentire la nascita di nuovi go- verni e punta dritto alle primarie per aggiudicarsi la leadership del centrodestra. Una prospettiva che certo non entusiasma Berlusconi ma con la quale il Cavaliere sarà costretto a fare i conti.
Berlusconi prima del voto più volte ha ripetuto che alla vittoria del No dovrebbe seguire l’apertura di un tavolo con tutte le forze politiche, per decidere la nuova legge elettorale e la nuova riforma costituzionale. Su quale sarà il governo che nel frattempo sarà chiamato a guidare il Paese, il leader di Fi non è stato invece chiaro.
All’inizio della campagna referendaria aveva anzi sostenuto che Renzi in ogni caso sarebbe dovuto andare avanti mentre recentemente ha invitato il premier a dimettersi, manifestando piena fiducia nelle scelte conseguenti del Capo dello Stato. Dichiarazioni contraddittorie che riflettono la difficoltà di Berlusconi, costretto a giocare in difesa. Il leader di Fi vuole prendere tempo. E il «tavolo per le riforme» è la modalità con cui il Cavaliere cerca di portare avanti la sua strategia. Fi non intende in questa fase partecipare direttamente al governo. Ma certo non farà le barricate in Parlamento a un esecutivo che voglia portare a termine la legi- slatura. «Il Pd ha la maggioranza sia alla Camera che al Senato, Renzi vada a casa e il Pd garantisca il governo: può essere anche Grasso o Padoan», ha detto ieri notte il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta.
Un obiettivo opposto a quello di Salvini, che invece chiede un ritorno al voto «il prima possibile». È la stessa posizione di Giorgia Meloni, la leader di FdI che ha già lanciato per il 5 marzo le primarie del centrodestra. Una competizione che per Salvini potrebbe diventare l’occasione per ratificare lo spostamento del centrodestra italiano sul fronte llepenista e che avrebbe inevitabili riflessi anche sul posizionamento in Europa, visto che attualmente Fi continua ad essere uno dei gruppi più numerosi del Ppe, dove siede anche la cancelliera Angela Merkel. «Siamo pronti da subito a dare un’alternativa, perché l’opzione Renzi gli italiani l’hanno rottamata», ha detto Salvini, confermando che ora «per il centrodestra si apre una stagione di responsabilità e di possibile vittoria».
Il leader della Lega conta anche sulle frizioni interne a Fi. Di chi non vuole che il tramonto della leadership di Berlusconi possa coincidere con la fine della propria carriera politica. «Gli italiani hanno espresso la loro volontà! È la fine di questa legislatura», scriveva su twitter Giovanni Toti, man mano che gli exit poll confermavano la vittoria del No. Il governatore ligure è tra gli esponenti di Fi quello più vicino a Salvini e tra i pochissimi azzurri a presenziare alla manifestazione per il No della Lega a Firenze. Anche con questa parte insofferente del suo partito Berlusconi ora dovrà fare i conti. La sua leadership non è più insindacabile.
LE FRIZIONI DENTRO FI Berlusconi dovrà fare i conti con la parte insofferente del suo partito. Salvini spinge per spostare il centrodestra verso posizioni lepeniste