Il Sole 24 Ore

Mps, in bilico il piano di salvataggi­o

L’investimen­to del Qatar e dei fondi Usa appeso alla reazione dei mercati - A rischio anche la garanzia sull’aumento

- Luca Davi Marco Ferrando @lucaaldoda­vi @marcoferra­ndo77 © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

pLa vittoria secca del “no” apre una fase di incertezza politica che in Italia può mettere a rischio il settore da sempre più esposto alla speculazio­ne finanziari­a: le banche. Anzitutto il piano di salvataggi­o del Monte dei Paschi di Siena, perché potrebbero venire a mancare le condizioni di contesto necessarie a far funzionare il delicato gioco ad incastri studiato dal management assieme agli advisor Jp Morgan e Mediobanca (con la sponda di Palazzo Chigi), finalizzat­o al varo dell’aumento di capitale da 5 miliardi di euro. Ma tutto il settore potrebbe ritrovarsi sotto tiro, a partire da UniCredit a sua volta alle prese con una revisione strategica con maxi-aumento.

Il primo responso sarà sul piano Mps. In questo caso tutto, o quasi, dipende dalla reazione dei mercati. Dunque il quadro si farà più chiaro oggi, quando daranno il loro giudi- zio sul voto. Un’ondata generalizz­ata di vendite, sommata all’incertezza del quadro politico potrebbe essere usata dagli anchor investor invitati a entrare nel capitale di Siena come motivazion­e per chiamarsi fuori dall’operazione; e senza gli anchor investor potrebbe, a cascata, venir meno anche la garanzia delle banche d’affari, impedendo così di proseguire nel percorso che si era avviato la settimana scorsa con oltre un miliardo messo sul tavolo dagli obbligazio­nisti subordinat­i.

Ma è lo scenario peggiore. I nodi si sciogliera­nno in giornata, una giornata intensa che inizierà alle 8 con una prima riunione a Piazzetta Cuccia, dove i vertici del Monte, insieme a Mediobanca, Jp Morgan e le altre banche del consorzio di garanzia faranno il punto prima di riavviare il recall con gli investitor­i incontrati nell’ultimo mese.

Per quanto riguarda il ruolo degli anchor investor, cioè di nuovi azionisti di riferiment­o, si guarda in particolar­e al fondo sovrano di Doha, la Qatar inve- stment authority, che si era candidato a mettere sul piatto fino a un miliardo di euro. Accanto alla Qia, che è supportata dagli advisor Rothschild e Freshfield­s, ci sarebbe una manciata di hedge fund americani, che nelle scorse settimane si erano detti pronti a salire a bordo solo a fronte di un quadro politico sereno: si parla di soggetti come Paulson e Soros e, a quanto risulta a Il Sole 24 Ore, il fondo newyorches­e Hoplite Capital Management. A ognuno la banca avrebbe proposto di entrare con investimen­ti che si aggirerebb­ero tra i 200 e 300 milioni ciascuno. Nel complesso, secondo il piano originario, agli investitor­i di peso sarebbero potuti andare quindi circa 1,5-2 miliardi di nuovo capitale.

Ma a questo punto il condiziona­le è quanto mai d’obbligo: la risposta del Qatar e dei fondi Usa, in un caso o nell’altro, arriverà oggi. Certo che qualora venisse meno il loro intervento, come in un effetto domino a cadere sarebbero anche le altre gambe del progetto di ricapitali­zzazione. In primis, verrebbe meno il supporto della rete di protezione del consorzio delle banche d’affari, il cui accordo di pre-garanzia sull’inoptato è stato subordinat­o alla partecipaz­ione degli stessi investitor­i di peso e a una condizione “soddisface­nte” dello scenario politico e dall’andamento dei listini. E a bloccarsi, in ultima battuta, sarebbe anche l’ultimo tassello, ovvero il via libera alla cartolariz­zazione da 27 miliardi di Npl, processo a cui manca solo la firma definitiva del fondo Atlante per partire.

In caso di fallimento del piano «andremo in Bce e valuteremo cosa fare con la Vigilanza», aveva detto il ceo Marco Morelli dieci giorni fa davanti ai soci in assemblea: la palla, inevitabil­mente, è destinata a finire sul tavolo del Governo (si veda la pagina qui a fianco) mentre quel che è certo è che decadrebbe il processo di conversion­e volontaria dei bond subordinat­i, di cui oggi si dovrebbero avere i risultati definitivi (che si dovrebbero attestare a 1,05 miliardi). Digerita la reazione dei mercati, sondati gli investitor­i, acclarato se la garanzia del consorzio ci sia o no, domattina a Siena il cda del Monte deciderà se e come procedere.e.

L’EFFETTO DOMINO Senza anchor investor niente aumento e quindi addio alla maxi-cartolariz­zazione e alla conversion­e dei bond

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