Ferrovie non statali a rischio disagi
Da oggi i limiti a velocità e circolazione fissati dal ministero venerdì scorso
Da questa mattina rischio di forti disagi su alcune delle ferrovie locali più utilizzate dai pendolari, come la Roma-Ostia, la Roma-Viterbo e la Circumvesuviana di Napoli: sarà la prima giornata “vera” di applicazione dei limiti restrittivi a velocità e circolazione fissati venerdì scorso dal ministero delle Infrastrutture, con la circolare protocollata con il numero 7922 della direzione generale per il Trasporto pubblico locale. Un provvedimento transitorio, in attesa dell’adeguamento delle ferrovie «isolate» agli standard di sicurezza imposti dalla direttiva 2012/34/Ue, recepita in Italia dal Dlgs 112/2015.
Dopo i due giorni di traffico blando del week-end, arriva oggi la prova del fuoco per i vincoli imposti dalla circolare, che vale per le ferrovie «isolate». Cioè la decina di tratte non statali che non sono classificate come interconnesse alla rete ferroviaria nazionale gestita da Rfi.
Il vincolo principale è il limite di velocità di 50 chilometri orari, che diventa 70 solo se si hanno due macchinisti in cabina. Probabilmente in quest’ultimo caso occorrerà cancellare alcune corse, visto che spesso non c’è abbastanza personale.In teoria, il vincolo non vale indistintamente su ogni tratta di ferrovia isolata, ma solo per quelle su cui mancano sistemi automatici di arresto dei treni in caso di anomalia (come, per esempio, un semaforo rosso non rispetta- to). Ma questa mancanza è pressoché generalizzata sulle ferrovie isolate.Inoltre, dove mancano pure sistemi di segnalamento automatico, scattano l’obbligo di fermata in tutte le stazioni (dove occorrerà contemporaneamente assicurare anche un miglioramento della visibilità) e la responsabilità diretta del personale di bordo sul controllo degli incroci con i treni previsti in marcia nella direzione opposta. Se poi la ferrovia ha un sistema di controllo del traffico basato sui princìpi più semplici e obsoleti (comunicazioni telefoniche tra i capistazione, incroci a orario fisso e distanziamento a tempo), la circolare impone anche di adottare moduli da riempire e da scambiarsi tra personale di bordo e di terra, in modo da lasciare traccia più evidente e sicura del fatto che sono state se- guite tutte le procedure.
Lo scopo è evitare disguidi come quello che il 12 luglio scorso causò la morte di 23 persone proprio su un tratto di questo tipo, tra Andria e Corato, in Puglia. Un disastro ferroviario che ha acceso i riflettori sul fatto che sulle ferrovie non statali italiane la direttiva europea resta inattuata su ampi tratti.
Per questo il ministero delle Infrastrutture ha emanato diversi provvedimenti restrittivi, tra cui quello di venerdì, che impone anche di rallentare praticamente a passo d’uomo in prossimità di passaggi a livello non protetti da cancelli automatici o barriere e contiene anche altre disposizioni sulle revisioni periodiche del materiale rotabile e sull’adozione di un sistema automatico che controlli se il macchinista è vigile.
Le restrizioni previste dalla circolare erano state già imposte il 1° ottobre, ma solo sulle «ferrovie interconnesse», cioè la trentina di tratte per le quali è stata ufficialmente riconosciuta una connessione fisica con i binari statali. Hanno creato disagi, ma non quanti possono sorgerne sulle ferrovie isolate, perché su quelle interconnesse i sistemi automatici di arresto sono già stati adottati almeno in parte (anche larga, per esempio sulla rete lombarda delle Ferrovie Nord), per cui i limiti non sono generalizzati.
La circolare di venerdì estende le restrizioni alle ferrovie isolate, responsabilizzando i direttori di esercizio, che quindi diventano gli unici a rispondere di incidenti, oltre ai loro dipendenti di cui si accertino eventuali colpe.
I limiti imposti dalla circolare varranno fino al momento in cui il gestore dell’infrastruttura elaborerà un Sgs (Sistema di gestione della sicurezza), come previsto dalla circolare 7655 del 21 novembre, che concede 120 giorni di tempo per adeguarsi. Ma non sarà facile rispettare il termine: gli Sgs vanno certificati da un Vis (Valutatore indipendente della sicurezza), figura professionale piuttosto rara in Italia. Sullo sfondo, poi, resta la carenza di fondi per sostenere in tempi brevi le ingenti spese necessarie per dotare le linee dei dispositivi automatici di controllo, già richiesti da anni dalla direttiva europea.