Ceto medio, un declino di lunga data
L’erosione è iniziata prima della crisi - Cause diverse in ogni Paese Ue
Il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese ci ha appena restituito la fotografia di un’Italia senza ossigeno, con gli under 35 che in venticinque anni hanno perso il 26,5% del loro reddito, con gli over 65 che invece hanno guadagnato il 24,3% e con il ceto medio che ne esce strizzato. Quello della middle class, però, non è un problema solo italiano: la classe media sta affondando un po’ dappertutto in Europa.
Lo racconta molto bene l’ultimo studio dell’Organizzazione mondiale per il lavoro (Oil), 666 pagine intitolate «Europe’s disappearing middle class». La classe media è calcolata come il gruppo di coloro che hanno un reddito compreso fra l’80% e il 120% del reddito mediano di uno stesso Paese. E i numeri sono impietosi: in Germania erano il 30% della popolazione dieci anni fa, mentre oggi sono il 27%; erano il 29% in Spagna e oggi sono il 25%; nel Regno Unito si è passati dal 28 al 26% e persino in Danimarca, che possiede la classe media più vasta di tutto il continente, il gruppo dei mediamente benestanti si è comunque ridotto dal 44 al 40 per cento. Il Paese più polarizzato d’Europa è la Lettonia, dove la middle class comprende solo il 23% della popolazione; il resto è diviso tra i pochi ricchi e i molti poveri.
Tutta colpa della crisi economica? Falso, dicono gli autori dello studio. La crisi è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso: l’erosione della classe media è cominciata prima. In Germania, per esempio, già fra il 2004 e il 2006 il ceto medio si è ristretto del 3% l’anno; nello stesso pe- riodo la middle class è andata erodendosi anche in Olanda, Regno Unito, Danimarca e Lussemburgo. Dopo lo spartiacque del 2008, il problema si è semplicemente accentuato.
Se la crisi, dunque, è solo uno dei fattori e l’unico comune a tutti, le altre cause variano da Paese a Paese. Per alcuni è stato determinante l’indebolimento del potere della contrattazione collettiva. Fra Ungheria, Grecia, Irlanda e Por- togallo, pare che la capacità dei contratti collettivi di coprire tutte le categorie di lavoratori sia calata del 21%, e con essa i salari minimi spuntati dalla contrattazione. Al contrario in Olanda, Svezia, Belgio e Francia le relazioni industriali hanno tenuto, e guarda caso queste sono anche le realtà dove il ceto medio si è assottigliato di meno.
Altrove la middle class ha accusato soprattutto il calo dell’occupazione nel settore pubblico. In Portogallo, per esempio, il ceto medio ha tradizionalmente coinciso con l’impiego pubblico: una sua drastica riduzione ha fatto scivolare mestieri come quello dell’insegnante, e persino quello del medico, nella parte più bassa della piramide sociale.
In Germania lo stesso segretario di Stato presso il ministero del Lavoro federale, Thorben Albrecht, intervistato dall’autore dello studio Oil, Daniel Vaughan-Whitehead, ha ammesso che il ceto medio tedesco si è ridotto a causa dell’avanzare delle forme atipiche d’impiego - e in particolare del part time - tra i lavoratori del manifatturiero, tradizionalmente ben tutelati e ben pagati.
La Spagna punta il dito contro il lavoro temporaneo: nel 2014 si stima che oltre il 20% dei tecnici e dei professionisti - vale a dire due delle figure più tipiche della classe media spagnola - sia passato da un contratto di lavoro a tempo indeterminato a uno a tempo determinato. Con tutta l’incertezza economica che ne deriva. Un tema, questo, che non è sfuggito nemmeno al Rapporto Censis della settimana scorsa: nei primi otto mesi del 2016 in Italia i contratti a termine sono stati ben il 63,1% del totale. Mentre in Polonia, ricorda l’Oil, addirittura l’80% dei giovani ha un contratto di lavoro a tempo.
In Olanda, soprattutto, ma anche nel Regno Unito, i riflettori sono invece puntati sui single: a Londra tre quarti delle famiglie monogenitoriali si trovano al di sotto della mediana del reddito nazionale, mentre solo la metà dei nuclei con entrambi i genitori si trova nel gruppo dei più poveri.