Un sistema misto per l’assistenza
Trasformare l’indennità di accompagnamento - che spetta a chi, per motivi fisici o mentali, non è in grado di camminare autonomamente o non riesce a compiere i normali atti della vita quotidiana - in una “dote” da utilizzare per ottenere ciò di cui si ha bisogno. Con l’obiettivo di aumentare e migliorare le prestazioni a favore dei soggetti più deboli.
È la proposta elaborata dalla Fondazione Easy Care, un organismo nato nel 2007 per promuovere moderni sistemi di welfare. Da giugno 2009 la Fondazione ha sviluppato il modello Prontoserenità, un’iniziativa partita a Milano e oggi presente in 16 regioni che realizza, attraverso uno o più network di soggetti erogatori, una rete di servizi volti a soddisfare profili assistenziali diversificati. La proposta verrà illustrata in un’audizione al Senato.
«L’indennità di accompagnamento nacque per dare un sostegno economico alle disabilità gravi a partire dalla cecità - spiega Fabio Diana, direttore della Fondazione Easy Care -. Nel tempo si è però, via via, imposta come uno strumento centralizzato e scollegato da ogni altra forma prestazionale, molto ampio, ma poco equo e inefficace».
La proposta, basata sulla collaborazione pubblicoprivato, punta a rendere l’indennità di accompagnamento una “dote” che permette di ottenere i servizi di cui il soggetto ha bisogno. Il primo passo resterebbe l’accertamento e l’individuazione delle esigenze da parte dell’apparato pubblico. Dopodiché, però, non si passerebbe all’attribuzione diretta dell’assegno di mantenimento, ma un professionista, denominato Care manager, accreditato dalle strutture pubbliche, andrebbe a individuare i servizi che, caso per caso, meglio rispondono alle esigenze specifiche. Questi servizi verrebbero poi forniti da provider accreditati fra cui il soggetto interessato potrebbe liberamente scegliere.
«Il Care manager dovrebbe instaurare un rapporto fiduciario con le persone e funzionare quindi da tutor assistenziale - aggiunge Diana -. Questo sistema permetterebbe inoltre di garantire maggiori servizi, grazie alle economie di scala, e di adeguarli ai bisogni dell’individuo e alla loro variazione nel tempo. Se in alcuni periodi la dote non venisse del tutto utilizzata, potrebbe essere accantonata per far fronte a momenti più difficili».
Questo nuovo sistema, secondo la proposta elaborata dalla Fondazione Easy Care, non andrebbe a sostituire i casi di accompagnamento “puro”, ossia quelli in cui «vengono realizzati gli obiettivi per cui la legge è nata sottolinea Diana -, e cioè consentire alle persone con disabilità di attuare un progetto di vita indipendente, ma riguarderebbe tutte le situazioni in cui questo non succede».
Un sistema articolato in cui al pubblico spetta un compito di controllo e monitoraggio stringente, volto a verificare se i servizi erogati rispondono ai bisogni del soggetto in difficoltà in maniera completa, economica ed efficiente.
«Sarebbe opportuno - conclude Diana - tener conto del reddito e uniformare a livello nazionale i criteri di definizione della non autosufficienza».