«Leverage cash out» legittimo se mirato al riassetto di gruppo
pL ’operazione di leverage cash out non configura abuso del diritto qualora le operazioni poste in essere per raggiungere l’assetto finale perseguito siano dotate di sostanza economica. È quanto emerge dalla sentenza della Ctp Vicenza 735/02/16 (presidente Tomaselli, relatore De Biase), che ha accolto il ricorso di alcune persone fisiche, socie di una società di capitali, annullando l’avviso di accertamento emesso su un’operazione di leverage cash out.
Con leverage cash out si identifica una serie di operazioni attraverso le quali i soci persone fisiche di una società che dispone di riserve di utili di notevole ammontare “monetizzano” tali riserve minimizzando la tassazione. I soci rivalutano le partecipazioni nella società con il pa- gamento di un’imposta sostitutiva e poi cedono le partecipazioni rivalutate a una holding posseduta dai medesimi soci, senza subire ulteriori prelievi. A questo punto, la holding incassa i dividendi, detassandoli al 95%, e utilizza le somme incassate per pagare il debito nei confronti dei soci, sorto a seguito dell’acquisto delle partecipazioni. Con questo schema i soci “incassano” le riserve della società con un prelievo complessivamente inferiore a quello che si sarebbe avuto in caso di incasso diretto dei dividendi (per cui è previsto un prelievo del 49,72% degli utili percepiti con aliquota ordinaria Irpef).
È proprio quanto accaduto nel caso affrontato dalla Ctp Vicenza. I ricorrenti, in qualità di titolari del pacchetto azionario di una società operativa, aveva- no rivalutato la propria partecipazione pagando l’imposta sostitutiva del 4 per cento. Successivamente, gli stessi soci avevano costituito una società holding, con le stesse percentuali di partecipazione, a cui subito dopo avevano venduto la partecipazione nella società operativa. Dalla cessione non emergevano plusvalenze imponibili, stante l’avvenuta rivalutazione fiscale della partecipazione. Il corrispettivo della cessione non veniva pagato subito, ma veniva dilazionato in quattro rate annuali.
Pochi giorni dopo la cessione del pacchetto azionario, la società operativa distribuiva dividendi per un ingente ammontare (reperendo le risorse finanziarie attraverso l’emissione di un bond), che venivano usati per pagare la prima rata del prezzo. Lo stesso meccanismo si replicava per i pagamenti delle due rate successive.
Secondo l’ufficio, con questo meccanismo “circolare” i soci avevano realizzato un intento elusivo, incassando formalmente un corrispettivo della vendita di partecipazione e percependo nella sostanza dividendi, senza scontarne il regime impositivo. La volontà di costituire una holding attraverso la quale detenere la partecipazione nella società operativa si sarebbe potuta soddisfare in maniera più lineare con un conferimento.
I giudici vicentini, tuttavia, hanno respinto la tesi dell’ufficio, osservando come l’amministrazione non avesse considerato la volontà dei ricorrenti di procedere al riassetto del gruppo tramite la costituzione di una holding. In tale ottica, secondo la sentenza, i ricorrenti hanno realizzato l’obiettivo di riorganizzare il gruppo secondo le modalità ritenute più idoneo allo scopo e tale comportamento non può essere considerato “artificioso”.