Redditometro, non va provato l’imponibile del donatore
pIn materia di redditometro, qualora il contribuente sostenga spese per incrementi patrimoniali con liberalità ricevute da familiari o da terzi, non è necessaria l’ulteriore prova che le liberalità siano anche coerenti con la capacità contributiva e la posizione fiscale degli eroganti. È questo il principio affermato dalla Ctp di Milano, con la sentenza 7423 del 29 settembre 2016 (presidente Roggero e relatore Chiametti).
Una contribuente acquistava nel 2010 un’azienda alberghiera per un prezzo che, alla data dell’atto notarile, risultava già pagato per la metà, mentre l’ulteriore metà doveva essere pagato in 56 rate mensili in scadenza successivamente all’atto. L’ufficio, ritenendo l’acquisto non compatibile con i redditi dichiarati, accertava sinteticamente un maggior reddito costituito dalla parte di prezzo effettivamente pagata.
La contribuente impugnava l’accertamento sostenendo, fra l’altro, che tutti i pagamenti erano avvenuti con disponibilità pervenute a mezzo di trasferimenti bancari effettuati da propri familiari e da terzi residenti in Cina. Produceva documentazione che dimostrava l’accredito di tali somme.
L’ufficio si costituiva in giudizio, affermando che non era stata fornita la prova contraria prevista dall’articolo38 del Dpr 600: la contribuente non aveva anche dimostrato che le risorse pervenute si riferissero a redditi dichiarati dai soggetti eroganti.
Secondo le Entrate, infatti, la prova liberatoria dell’apporto di capitali dei familiari è ammessa a condizione che questi apporti siano coerenti con la capacità contributiva del nucleo familiare. L’Agenzia, inoltre, affermava che le argomentazioni della contribuente erano giuridicamente irrilevanti in quanto mancava la prova che la spesa sostenuta fosse stata effettivamente finanziata con le disponibilità pervenute dai propri familiari e dai terzi.
La Ctp, invece, osserva che i documenti bancari prodotti dimostrano che la spesa è avvenuta utilizzando liberalità provenienti dai familiari e dai terzi e che non è necessario che tali apporti siano coerenti con la capacità contributiva e con la posizione fiscale degli eroganti.
Il giudice richiama prece- denti della Corte di cassazione (1389/2008 e 24597/2010) secondo cui la prova delle liberalità che hanno consentito l’incremento patrimoniale deve essere documentale e la motivazione della sentenza deve far preciso riferimento ai documenti che la sorreggono e al loro contenuto. Pertanto, conclude la Ctp, esistendo la prova documentale del collegamento tra risorse fornite dai familiari e incremento patrimoniale realizzato, l’accertamento va annullato.
La sentenza si allinea al precetto dell’articolo38 che non richiede la dimostrazione che gli apporti ricevuti siano coerenti con la capacità contributiva dei soggetti eroganti. La pronuncia è altresì conforme all’orientamento della Suprema corte (6396/14, 17664/14 e 22944/15) che ritiene non dovuta dal contribuente la prova del nesso causale, cioè dell’effettiva destinazione delle risorse al finanziamento della spesa sostenuta.