Il Sole 24 Ore

Redditomet­ro, non va provato l’imponibile del donatore

- Marcello Maria De Vito

pIn materia di redditomet­ro, qualora il contribuen­te sostenga spese per incrementi patrimonia­li con liberalità ricevute da familiari o da terzi, non è necessaria l’ulteriore prova che le liberalità siano anche coerenti con la capacità contributi­va e la posizione fiscale degli eroganti. È questo il principio affermato dalla Ctp di Milano, con la sentenza 7423 del 29 settembre 2016 (presidente Roggero e relatore Chiametti).

Una contribuen­te acquistava nel 2010 un’azienda alberghier­a per un prezzo che, alla data dell’atto notarile, risultava già pagato per la metà, mentre l’ulteriore metà doveva essere pagato in 56 rate mensili in scadenza successiva­mente all’atto. L’ufficio, ritenendo l’acquisto non compatibil­e con i redditi dichiarati, accertava sinteticam­ente un maggior reddito costituito dalla parte di prezzo effettivam­ente pagata.

La contribuen­te impugnava l’accertamen­to sostenendo, fra l’altro, che tutti i pagamenti erano avvenuti con disponibil­ità pervenute a mezzo di trasferime­nti bancari effettuati da propri familiari e da terzi residenti in Cina. Produceva documentaz­ione che dimostrava l’accredito di tali somme.

L’ufficio si costituiva in giudizio, affermando che non era stata fornita la prova contraria prevista dall’articolo38 del Dpr 600: la contribuen­te non aveva anche dimostrato che le risorse pervenute si riferisser­o a redditi dichiarati dai soggetti eroganti.

Secondo le Entrate, infatti, la prova liberatori­a dell’apporto di capitali dei familiari è ammessa a condizione che questi apporti siano coerenti con la capacità contributi­va del nucleo familiare. L’Agenzia, inoltre, affermava che le argomentaz­ioni della contribuen­te erano giuridicam­ente irrilevant­i in quanto mancava la prova che la spesa sostenuta fosse stata effettivam­ente finanziata con le disponibil­ità pervenute dai propri familiari e dai terzi.

La Ctp, invece, osserva che i documenti bancari prodotti dimostrano che la spesa è avvenuta utilizzand­o liberalità provenient­i dai familiari e dai terzi e che non è necessario che tali apporti siano coerenti con la capacità contributi­va e con la posizione fiscale degli eroganti.

Il giudice richiama prece- denti della Corte di cassazione (1389/2008 e 24597/2010) secondo cui la prova delle liberalità che hanno consentito l’incremento patrimonia­le deve essere documental­e e la motivazion­e della sentenza deve far preciso riferiment­o ai documenti che la sorreggono e al loro contenuto. Pertanto, conclude la Ctp, esistendo la prova documental­e del collegamen­to tra risorse fornite dai familiari e incremento patrimonia­le realizzato, l’accertamen­to va annullato.

La sentenza si allinea al precetto dell’articolo38 che non richiede la dimostrazi­one che gli apporti ricevuti siano coerenti con la capacità contributi­va dei soggetti eroganti. La pronuncia è altresì conforme all’orientamen­to della Suprema corte (6396/14, 17664/14 e 22944/15) che ritiene non dovuta dal contribuen­te la prova del nesso causale, cioè dell’effettiva destinazio­ne delle risorse al finanziame­nto della spesa sostenuta.

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