Partecipate, restano i «vecchi» termini per il cambio statuti
Dopo la sentenza della Consulta
pLa sentenza 251/2016 della Corte Costituzionale, che si è espressa sulla legge delega 124/2015, non ha al momento effetti diretti sul Testo Unico delle Società Partecipate (Dlgs 175/2016). Infatti la sentenza stessa toglie ogni dubbio in proposito, precisando che «le pronunce di illegittimità costituzionale, contenute in questa decisione, sono circoscritte alle disposizioni di delegazione della legge 124 del 2015, oggetto del ricorso, e non si estendono alle relative disposizioni attuative. Nel caso di impugnazione di tali disposizioni, si dovrà accertare l’effettiva lesione delle competenze regionali, anche alla luce delle soluzioni correttive che il Governo riterrà di apprestare al fine di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione».
Ad oggi, dunque, l’unico vero effetto che il ricorso della Regione Veneto ha ottenuto è la decadenza, per scadenza dei termini della delega, del decreto sulla dirigenza pubblica (probabilmente il vero obiettivo del contenzioso) e di quello sui servizi pubblici locali, visto che il Governo, per motivi di opportunità istituzionale, ha scelto la strada di ritirare i decreti legislativi appena approvati ma ancora non inviati alla firma del Presidente della Repubblica. Per quanto riguarda il Testo unico delle società partecipate, però, la Corte Costituzionale ha confermato che, al momento, resta in pieno vigore e che interverrà sul Testo solo se verrà impugnato e, comunque, limitatamente ai punti in cui lede le competenze delle Regioni.
In sostanza, ad oggi la norma continua a dover essere applicata, sia per le Regioni sia per le altre pubbliche amministrazioni, ivi compresi gli enti locali.
Le scadenze previste dal Testo unico per le società controllate e per gli enti soci restano tali e andranno dunque rispettate. Questo vale per le modifiche statutarie, che vanno approvate nel termine non perentorio del 31 dicembre prossimo, della esclusione dei dipendenti degli enti controllanti dai Cda (entro sei mesi a far data dal 23 settembre 2016), dell’approvazione entro il 23 marzo 2017 del piano straordinario di razionalizzazione ex articolo 24 e così via.
Questi termini resteranno tali, a meno che il legislatore non decida di intervenire in sede di legge di stabilità o di Milleproroghe, perché è assai improbabile che la Corte Costituzionale possa pronunciarsi in argomento entro marzo 2017.
Piuttosto è urgente che il Governo decida subito il da farsi. Già in legge di stabilità sarebbe quanto mai opportuno riproporre quanto era previsto all’articolo 16 del decreto servizi pubblici, ovvero l’estensione delle competenze sul ciclo dei rifiuti alla «Autorità di regolazione per energia, reti ed ambiente».
Ancora, pare senz’altro da accogliere il suggerimento della Corte Costituzionale di pensare a idonee «soluzioni correttive». In concreto, si tratterà di procedere all’approvazione di un de-
QUESTIONE DI CALENDARIO Il rischio ricorsi non cancella la scadenza del 31 dicembre per modificare le regole nelle aziende controllate dalle amministrazioni
creto correttivo del Testo unico delle società partecipate, che sarebbe comunque necessario, in quanto dopo qualche mese di “rodaggio” risulterà chiaro che ciò risponde non solo all’esigenza di realizzare una intesa con le Regioni bensì anche ad introdurre le modifiche al Dlgs 175/2016 che l’esperienza della sua prima applicazione eventualmente paleserà come utili miglioramenti.
Per i servizi pubblici locali invece, un suggerimento: è l’ennesima volta che, per una ragione o per un’altra, la promessa “riforma dei servizi pubblici locali” si dimostra fallimentare. È quindi il caso di prenderne atto e di procedere a due mosse. La prima è quella di inserire, attraverso il decreto correttivo, i servizi pubblici genericamente intesi nel Testo unico partecipate; la seconda è di procedere, per i servizi a rete, a una seria manutenzione delle discipline di settore. Oggi serve una regolazione dei servizi a rete specifica, puntuale ed aggiornata, non la finzione di una riforma ambiziosa nei proclami ma sempre modesta nella sostanza.