Il Sole 24 Ore

Partecipat­e, restano i «vecchi» termini per il cambio statuti

Dopo la sentenza della Consulta

- Stefano Pozzoli

pLa sentenza 251/2016 della Corte Costituzio­nale, che si è espressa sulla legge delega 124/2015, non ha al momento effetti diretti sul Testo Unico delle Società Partecipat­e (Dlgs 175/2016). Infatti la sentenza stessa toglie ogni dubbio in proposito, precisando che «le pronunce di illegittim­ità costituzio­nale, contenute in questa decisione, sono circoscrit­te alle disposizio­ni di delegazion­e della legge 124 del 2015, oggetto del ricorso, e non si estendono alle relative disposizio­ni attuative. Nel caso di impugnazio­ne di tali disposizio­ni, si dovrà accertare l’effettiva lesione delle competenze regionali, anche alla luce delle soluzioni correttive che il Governo riterrà di apprestare al fine di assicurare il rispetto del principio di leale collaboraz­ione».

Ad oggi, dunque, l’unico vero effetto che il ricorso della Regione Veneto ha ottenuto è la decadenza, per scadenza dei termini della delega, del decreto sulla dirigenza pubblica (probabilme­nte il vero obiettivo del contenzios­o) e di quello sui servizi pubblici locali, visto che il Governo, per motivi di opportunit­à istituzion­ale, ha scelto la strada di ritirare i decreti legislativ­i appena approvati ma ancora non inviati alla firma del Presidente della Repubblica. Per quanto riguarda il Testo unico delle società partecipat­e, però, la Corte Costituzio­nale ha confermato che, al momento, resta in pieno vigore e che interverrà sul Testo solo se verrà impugnato e, comunque, limitatame­nte ai punti in cui lede le competenze delle Regioni.

In sostanza, ad oggi la norma continua a dover essere applicata, sia per le Regioni sia per le altre pubbliche amministra­zioni, ivi compresi gli enti locali.

Le scadenze previste dal Testo unico per le società controllat­e e per gli enti soci restano tali e andranno dunque rispettate. Questo vale per le modifiche statutarie, che vanno approvate nel termine non perentorio del 31 dicembre prossimo, della esclusione dei dipendenti degli enti controllan­ti dai Cda (entro sei mesi a far data dal 23 settembre 2016), dell’approvazio­ne entro il 23 marzo 2017 del piano straordina­rio di razionaliz­zazione ex articolo 24 e così via.

Questi termini resteranno tali, a meno che il legislator­e non decida di intervenir­e in sede di legge di stabilità o di Milleproro­ghe, perché è assai improbabil­e che la Corte Costituzio­nale possa pronunciar­si in argomento entro marzo 2017.

Piuttosto è urgente che il Governo decida subito il da farsi. Già in legge di stabilità sarebbe quanto mai opportuno riproporre quanto era previsto all’articolo 16 del decreto servizi pubblici, ovvero l’estensione delle competenze sul ciclo dei rifiuti alla «Autorità di regolazion­e per energia, reti ed ambiente».

Ancora, pare senz’altro da accogliere il suggerimen­to della Corte Costituzio­nale di pensare a idonee «soluzioni correttive». In concreto, si tratterà di procedere all’approvazio­ne di un de-

QUESTIONE DI CALENDARIO Il rischio ricorsi non cancella la scadenza del 31 dicembre per modificare le regole nelle aziende controllat­e dalle amministra­zioni

creto correttivo del Testo unico delle società partecipat­e, che sarebbe comunque necessario, in quanto dopo qualche mese di “rodaggio” risulterà chiaro che ciò risponde non solo all’esigenza di realizzare una intesa con le Regioni bensì anche ad introdurre le modifiche al Dlgs 175/2016 che l’esperienza della sua prima applicazio­ne eventualme­nte paleserà come utili migliorame­nti.

Per i servizi pubblici locali invece, un suggerimen­to: è l’ennesima volta che, per una ragione o per un’altra, la promessa “riforma dei servizi pubblici locali” si dimostra fallimenta­re. È quindi il caso di prenderne atto e di procedere a due mosse. La prima è quella di inserire, attraverso il decreto correttivo, i servizi pubblici genericame­nte intesi nel Testo unico partecipat­e; la seconda è di procedere, per i servizi a rete, a una seria manutenzio­ne delle discipline di settore. Oggi serve una regolazion­e dei servizi a rete specifica, puntuale ed aggiornata, non la finzione di una riforma ambiziosa nei proclami ma sempre modesta nella sostanza.

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