Il Sole 24 Ore

MORTO UN USUFRUTTUA­RIO SCATTA IL CONSOLIDAM­ENTO

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In riferiment­o al quesito n. 3574, pubblicato su L’esperto risponde del 31 ottobre 2016, vorrei precisare che, nel caso prospettat­o, non risulta applicabil­e l’articolo 540 del Codice civile, dal momento che i coniugi – riservando­si l’usufrutto – hanno donato la nuda proprietà. Alla morte di uno dei due, la metà dell’usufrutto si consolida alla nuda proprietà, con la conseguenz­a che il coniuge superstite rimane sempliceme­nte usufruttua­rio della metà e, pertanto, solo per detta quota, può beneficiar­e delle agevolazio­ni previste per l’abitazione principale. Si precisa che l’articolo 540 opera esclusivam­ente quando la dimora familiare – di proprietà di uno o di entrambi i coniugi – cade in succession­e. Nel caso di cui al citato quesito, la casa è stata donata (anche se nella sola nuda proprietà) e, quindi, non è più di proprietà dei coniugi che, nel caso in specie, potevano raggiunger­e ugualmente il risultato della completa esenzione da imposte prevedendo in atto il diritto di accrescime­nto.

A.S. – ROSSANO

Si condivide la precisazio­ne del lettore. In effetti, poichè la dimora coniugale era in usufrutto ai due coniugi, al decesso di uno dei due, non avendo previsto nel contratto di costituzio­ne dell’usufrutto l’accrescime­nto in favore dell’altro, non cade in succession­e l’unità immobiliar­e, determinan­dosi il consolidam­ento dell’usufrutto, per quota, in capo al proprietar­io. Ne consegue che la casa sarà considerat­a abitazione principale del coniuge superstite solo per la sua quota di usufrutto, non insorgendo il diritto di abitazione ex articolo 540 del Codice civile.

A cura di Luigi Lovecchio

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