LA PERTINENZIALITÀ RICHIEDE TITOLARITÀ DEI DUE IMMOBILI
Sono comproprietario al 50% di un appartamento in una via di Milano e al 100% di un box, ubicato nella stessa via, in un immobile costituito da soli box. Questo immobile è separato da quello dove abito ed è indipendente da qualsiasi altro immobile. Nel rogito di acquisto del box (che è in regime di diritto di superficie) non si fa menzione di pertinenzialità alla mia abitazione e non mi sono avvalso di alcun beneficio fiscale. Vorrei sapere se posso comunque considerare il box di cui sopra quale pertinenza della mia abitazione, particolarmente in relazione ad ogni altro fine fiscale, considerato anche che i due immobili si trovano nella stessa via e che non sono proprietario di altri immobili in Milano.
D.G. – MILANO La nostra amministratrice, in varie assemblee straordinarie, ha sostenuto che, per deliberare sul risarcimento, bisogna avere i 1000 millesimi di presenza (bastando i 500 + 1 per gli altri punti in discussione), perché si investe la sfera privata. Visto che, oltretutto, il pacchetto dell’accordo con l’impresa può essere accettato solo “in toto”, chiedo se è corretto quanto sostenuto dall’amministratrice.
A.G. – SENAGO
In ambito condominiale, è necessario tenere distinti i beni di natura condominiale da quelli privatistici. Infatti, la Corte di cassazione ha precisato che «la legittimazione dell’amministratore ad agire in giudizio per la tutela dei diritti esclusivi dei singoli condòmini può trovare fondamento soltanto nel mandato conferitogli da ciascuno dei condòmini e non nel meccanismo deliberativo dell’assemblea condominiale, ad eccezione dell’equivalente ipotesi dell’unanime deliberazione di tutti i condòmini e della correlativa sottoscrizione da parte di essi e salva l’espressa previsione del regolamento condominiale, in quanto l’assemblea può deliberare con le prescritte maggioranze solo sulle questioni che riguardano parti comuni dell’edificio stesso o il condominio nel suo complesso, oppure sulle liti attive o passive che esorbitano dalle attribuzioni ordinarie dell’amministratore e non anche in tema di diritti esclusivi dei singoli condòmini, che restano sempre nell’esclusiva disponibilità dei titolari» (Cassazione civile, 12 febbraio 1981, n. 869). Pertanto, affinché l’amministratrice del condominio sia legittimata ad agire per il risarcimento del danno derivante dalla violazione di diritti di titolarità esclusiva dei singoli condòmini, è necessario il conferimento di un apposito mandato da parte degli stessi, mediante atti distinti o deliberazione unanime dell’assemblea condominiale, giacché i “maggiori poteri” conferibili con il sistema delle delibere maggioritarie (a norma dell’articolo 1131, comma primo, del Codice civile) possono solo ampliare le ordinarie attribuzioni all’amministratore medesimo, sempre, però, nell’ambito della sfera della realizzazione dell’interesse comune. Sicché, nel caso di specie, qualora il risarcimento del danno riguardi parti relative a beni di proprietà esclusiva, l’amministratrice di condominio – qualora non abbia l’unanimità dei condòmini – non potrà agire per chiedere il ristoro del relativo risarcimento. Al riguardo, il singolo condomino potrà agire, invece, per ottenere il risarcimento relativamente alla propria unità immobiliare.