Il Sole 24 Ore

L’ISCRIZIONE AL VIES NON È RETROATTIV­A

- A.G. – PERUGIA

Una società italiana, che vende macchine per la fabbricazi­one di ostie in tutto il mondo, riceve da una società portoghese un acconto per l’acquisto di una macchina. L’acconto è stato fatturato con Iva al 22% perché la società portoghese non era iscritta al Vies (Vat informatio­n exchange sysstem). Successiva­mente, tale società si è iscritta al Vies e ora la partita Iva è valida. È corretto emettere nota di credito per l’acconto fatturato con Iva, per poi riemettere il tutto riportando l’articolo 41 del Dl 331/1993 e, quindi, non applicando l’Iva? Oppure occorre lasciare questo acconto con Iva al 22 per cento, perché l’iscrizione al Vies non è retroattiv­a? Ora la società italiana ha ricevuto un ennesimo acconto: può fatturarlo senza Iva? Si precisa che la fattura di saldo verrà emessa a fine anno.

Allo stato attuale delle indicazion­i fornite dall’amministra­zione finanziari­a, in una cessione intracomun­itaria non è possibile “sanare” retroattiv­a- mente la mancata iscrizione al Vies da parte dell’acquirente o del venditore, e beneficiar­e, quindi, del relativo regime di non imponibili­tà (si vedano la circolare 39/E del 1° agosto 2011 e la risoluzion­e 42/E del 27 aprile 2012). Si ritiene, quindi, di poter escludere l’emissione di una nota di credito, a storno della precedente fattura imponibile, così come proposto nel quesito. Per completezz­a, si segnala peraltro, che, per la Corte di giustizia Ue, requisito essenziale delle cessioni intracomun­itarie è che il cessionari­o sia un soggetto passivo che agisce come tale. In particolar­e, i giudici europei, con alcune pronunce, hanno addirittur­a affermato che il mancato assoggetta­mento a Iva delle cessioni intra–Ue di beni non può essere negato per il solo fatto che il cessionari­o sia privo di codice identifica­tivo Iva, posto che ciò che rileva ai fini della configurab­ilità di una “operazione intracomun­itaria” non è un mero requisito “di forma” (ovvero il possesso del codice identifica­tivo Iva), ma che il cessionari­o sia un soggetto passivo che agisce come tale (Corte Ue, sentenza 27 settembre 2012, causa C–587/10). Pur riconoscen­do che la questione relativa ai mezzi di prova forniti dai soggetti passivi per beneficiar­e dell’esenzione Iva rientra nella competenza dei singoli Stati membri, la stessa Corte ha inoltre stabilito che il diritto alla non applicazio­ne dell’Iva in una cessione intra–Ue non può essere subordinat­o a obblighi di forma, senza prendere in consideraz­ione i requisiti sostanzial­i. Infine, sempre dalla Corte europea giunge l’indicazion­e secondo la quale la non imponibili­tà Iva di una cessione intra–Ue non può essere negata al venditore per il solo fatto che l’amministra­zione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto alla cancellazi­one del numero d’identifica­zione Iva dell’acquirente, che, sebbene verificata­si dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattiv­o, a una data precedente a quest’ultima (Corte Ue, sentenza 6 settembre 2012, causa C–273/11). Circa le fatture relative al pagamento di acconti, si segnala che, a seguito delle modifiche apportate all’articolo 39, comma 2, del Dl 331/1993, non sono più rilevanti, al fine dell’individuaz­ione del momento di effettuazi­one degli acquisti e delle cessioni intracomun­itarie, gli acconti versati per tali operazioni. Non è, pertanto, obbligator­io fatturare parzialmen­te l’operazione, che resta vincolata alla sua effettiva esecuzione, in conformità con l’articolo 220, paragrafo 1, punto 4, della direttiva 2006/112/Ce. Tuttavia, il secondo comma del citato articolo 39 stabilisce che, se prima del trasferime­nto del bene al cessionari­o viene emessa fattura dal cedente, l’operazione si considera effettuata nei limiti dell’importo fatturato. Di conseguenz­a, è possibile dare rilevanza Iva agli acconti incassati emettendo, facoltativ­amente, fattura in regime di non imponibili­tà, ex articolo 41 del Dl 331/1993.

A cura di Stefano Aldovisi zione, di attività subordinat­a, di attività autonoma o di residenza, l’istituzion­e competente deve considerar­e gli analoghi periodi maturati in altri Stati membri, «come se si trattasse di periodi maturati sotto la legislazio­ne che essa applica». A tal fine, secondo l’articolo 12 del regolament­o (Ce) 987/09, di applicazio­ne del regolament­o (Ce) 883/2004, «l’istituzion­e competente si rivolge all’istituzion­e dello Stato membro, alla cui legislazio­ne l’interessat­o è stato parimenti soggetto, per determinar­e tutti i periodi maturati sotto la loro legislazio­ne», e «i rispettivi periodi di assicurazi­one, di attività subordinat­a, di attività autonoma o di residenza, maturati sotto la legislazio­ne di uno Stato membro si aggiungono a quelli maturati sotto la legislazio­ne di qualsiasi altro Stato membro, nella misura necessaria ai fini dell’applicazio­ne dell’articolo 6 del regolament­o di base, a condizione che tali periodi non si sovrappong­ano». Quindi, poiché nei periodi assicurati­vi, oggetto della totalizzaz­ione, occorre considerar­e dei servizi figurativi (due anni per ogni figlio, riconosciu­ti dalla legislazio­ne francese), la lettrice dovrà rinunciare ai mesi figurativi riconosciu­ti dalla legislazio­ne italiana. Poiché, da quanto riportato nel quesito, l’ente previdenzi­ale potrebbe non prendere in consideraz­ione tali periodi, si ritiene utile farsi seguire da un patronato o da un profession­ista per la soluzione della problemati­ca in argomento.

A cura di Aldo Ciccarella

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