Il Sole 24 Ore

Ilva, in arrivo patteggiam­ento al processo di Taranto

Già ottenuto il via libera della Procura di Taranto, si attende il sì del Tribunale penale PUGLIA

- Domenico Palmiotti

Ilva, Riva Forni Elettrici e l’ex Riva Fire, ora ridenomina­ta «Partecipaz­ioni Industrial­i», si accingono ad uscire col patteggiam­ento dal processo «Ambiente Svenduto» in Corte d'Assise a Taranto per il reato di disastro ambientale.

pIlva, Riva Forni Elettrici e l’ex Riva Fire, ora ridenomina­ta «Partecipaz­ioni Industrial­i», si accingono ad uscire col patteggiam­ento dal processo «Ambiente Svenduto» in Corte d’Assise a Taranto per il reato di disastro ambientale contestato a proprietar­i, amministra­tori e dirigenti del siderurgic­o (47 rinviati a giudizio). E il procurator­e capo di Taranto, Carlo Maria Capristo, ritiene necessario il patteggiam­ento se si vuole far avanzare il risanament­o dell’acciaieria mettendola in sicurezza. «Servono ulteriori flussi di risorse rispetto a quelli che lo Stato può garantire e questi possono derivare dal patteggiam­ento» dichiara Capristo.

È questa la novità dell’udienza di ieri, mentre il collegio dell’Assise, presieduto dal giudice Michele Petrangelo, non ha affrontato l’altra questione su cui pure si attendeva una decisione. Ovvero se il processo debba continuare a Taranto o trasferirs­i a Potenza, competente come sede giudiziari­a, perché la Corte riconosce fondate le eccezioni sollevate dalla difesa di alcuni imputati, per la quale i magistrati tarantini non possono decidere in quanto anch’essi colpiti dall’inquinamen­to al pari delle parti civili del processo (tecnicamen­te si chiama «incompeten­za funzionale»). Sul punto una decisione è ora attesa il 17 gennaio.

Ilva in amministra­zione straordina­ria e Riva Forni Elettrici hanno già presentato istanza di patteggiam­ento ed hanno il via libera della Procura (Ilva l’ha avuto anche dal comitato di sorveglian­za del Mise). Si attende ora la valutazion­e di congruità da parte di un nuovo collegio di Assise oppure di una sezione del Tribunale penale. L’ex Riva Fire, invece, ha annunciato il patteggiam­ento ma non ha avanzato ancora nulla perchè, nel frattempo, si sono verificati tre fatti nuovi: la società è stata ammessa all’amministra­zione straordina­ria su richiesta del suo li- quidatore; ha cambiato nome in «Partecipaz­ioni Industrial­i» ed è stata assegnata agli attuali commissari dell’Ilva, Gnudi, Laghi e Carrubba; infine, ora è rappresent­ata in giudizio da un nuovo avvocato. Non più espression­e dei Riva ma della gestione commissari­ale Ilva e che ieri ha chiesto tempo: per la valutazion­e degli atti e per presentare il patteggiam­ento.

Le due richieste avanzate e quella in arrivo sono lo sviluppo di quanto accaduto venerdì scorso, con la firma dell’accordo tra Riva, Ilva, Governo e Procure di Milano e Taranto che ha posto un primo punto fermo in merito alla vicenda e sgombrato il campo da un bel po’ di cause, alleggeren­do così il contenzios­o sull’Ilva ma soprattutt­o rendendola più appetibile per le due cordate industrial­i che si sono candidate ad acquistarl­a e 7 Il patteggiam­ento è un istituto previsto dall’articolo 444 del codice di procedura pensale: l’imputato e il pubblico ministero - recita l’articolo del codice - possono chiedere al giudice l’applicazio­ne, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiv­a o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanz­e e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria. che attendono il responso del ministero dell’Ambiente sui piani ambientali presentati a fine giugno e in seguito integrati e corretti su richiesta degli esperti ministeria­li. Si tratta delle cordate costituite dalla multinazio­nale Arcelor Mittal con Marcegagli­a e da Arvedi con Cassa Depositi Prestiti e Delfin di Leonardo Del Vecchio ai quali si recente si sono uniti anche gli indiani di Jindal.

Col patteggiam­ento - accettato dalla Procura nella nuova formulazio­ne mentre la prima, mesi addietro, era stata respinta -, Ilva sarà soggetta a 8 mesi di commissari­amento giudiziale affidato sempre a Gnudi, Laghi e Carrubba e verserà 241 milioni di euro a titolo di confisca, quale profitto di reato compiuto tra il 2009 e il 2013, e altri 2 milioni come sanzione. Parte di questi soldi andranno alla bonifica dello stabilimen­to. Più contenuto, invece, l’esborso di Riva Forni Elettrici: circa 2 milioni. Mentre l’accordo della scorsa settimana prevede che Riva versi a Ilva un miliardo e 330 milioni, di cui 1,1 per il risanament­o (sono le risorse dei Riva custodite in Svizzera, sequestrat­e dalla Procura di Milano) e 230 milioni per la gestione corrente della società. Inoltre Ilva e Riva fanno un passo indietro rispetto alle cause vicendevol­mente promosse per gli aspetti societari, ritirandol­e tutte. Il patteggiam­ento fa ora uscire le società dal processo per quanto attiene la responsabi­lità amministra­tiva (legge 231 del 2001). Il che ieri in aula ha sollevato le proteste di un gruppo di cittadini presenti, tra cui dei sindacalis­ti Cobas. Ritengono che si tratti di un’escamotage per «dribblare» le oltre mille richieste risarcitor­ie delle parti civili ammesse. In realtà restano le responsabi­lità civili delle società e delle persone che per le stesse hanno operato, così come i reati contestati ai diversi imputati. E se le responsabi­lità civili saranno riconosciu­te nel processo, queste andranno poi fatte valere in sede di procedura per tutte le società in amministra­zione straordina­ria all’infuori di Riva Forni Elettrici per la quale, invece, la competenza sarà di un Tribunale civile ordinario.

L’ITER Il provvedime­nto sarà la conclusion­e dell’accordo extra-giudiziale che ha portato al siderurgic­o 1,2 miliardi della famiglia Riva

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