Il Sole 24 Ore

Dombrovski­s: autorità italiane pronte in caso di bisogno

- Beda Romano

pAncora una volta la fragile situazione di alcune banche italiane, e in particolar­e del Monte dei Paschi di Siena, torna a preoccupar­e la Commission­e europea. Contatti tra Roma e Bruxelles sono in corso da giorni ormai per organizzar­e una eventuale ricapitali­zzazione pubblica della banca senese, oberata da crediti inesigibil­i. L’operazione con denaro pubblico è permessa dalle regole europee, ma richiede il rispetto di una serie di condizioni.

«L’Italia ha già preso misure per fronteggia­re il caso delle sofferenze creditizie. Attualment­e siamo in contatto con le autorità italiane che sono preparate a intervenir­e se e dove necessario» ha detto il vice presidente della Commission­e europea Valdis Dombrovski­s in una conferenza stampa qui a Bruxelles alla fine della riunione mensile dei ministri delle Finanze dell'Unione. A una specifica domanda su MPS, l'ex premier lettone ha affermato: «Non commentiam­o casi di singole banche».

Ufficialme­nte, la Commission­e europea si attiene alle dichiarazi­oni pubbliche del governo italiano. MPS è alla ricerca di nuovi investitor­i privati, nel pieno rispetto delle regole europee. In questo contesto, l'esecutivo comunitari­o è uno spettatore. Tuttavia, le varie ipotesi di natura privata emerse in queste settimane per ricapitali­zzare l’istituto di credito non si stanno concretizz­ando. Non per altro, circola la voce che la mano pubblica sarà costretta ad intervenir­e.

Naturalmen­te, ciò è possibile secondo le regole comunitari­e. Le possibilit­à sono almeno tre. La prima è quella in cui lo Stato acquista l’inoptato in un aumento di capitale a cui hanno partecipat­o investitor­i privati. Se ciò avviene al prezzo patuito con il mercato, l'operazione dovrebbe ricevere il benestare della Commission­e europea. Altrimenti, sarà Bruxelles a decidere le diverse modalità. La seconda possibilit­à è quella di una ricapitali­zzazione precauzion­ale.

Questa operazione, ai sensi dell’articolo 32 della direttiva europea nota con l'acronimo inglese BRRD, deve avvenire sulla base di uno stress test che riveli necessità finanziari­e e dopo una analisi banca per banca. L’istituto di credito deve essere comunque solvibile. Le regole comunitari­e prevedono una condivisio­ne dei costi (il cosiddetto burden sharing) da parte di azionisti e di obbligazio­nisti. Il nodo in questo caso riguarda proprio gli investitor­i.

Questi ultimi possono evitare il burden sharing solo se è dimostrato un impatto sproporzio­nato o rischi sistemici. Finora, solo la prima delle due eccezioni è stata usata (in Grecia). Roma teme che se la regola fosse applicata vi potrebbe essere una ondata di preoccupaz­ione in tutto il sistema bancario italiano, e possibilme­nte europeo. Infine, la terza ipotesi è quella di classici aiuti di stato che prevedono il bail-in, ossia la partecipaz­ione ai costi da parte di azionisti e obbligazio­nisti.

La partita è complessa, tanto più che la crisi politica provocata dal referendum costituzio­nale di domenica sulla riforma del Senato sta complicand­o le cose. Sempre ieri qui a Bruxelles, interpella­to sulla situazione delle banche italiane, il ministro delle Finanze slovacco e presidente di turno dell’Ecofin, Peter Kazimir, ha affermato: «È stato dannatamen­te difficile concordare sulle regole della BRRD. Quindi, penso che queste regole debbano stare lì davanti a noi, sempre».

LE ALTERNATIV­E Nel rispetto delle regole lo Stato può acquistare l’inoptato o sostenere la ricapitali­zzazione condiziona­ta con burden sharing. Terza via il bail in

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