Le colpe europee, la priorità italiana
Passi che l’Europa non voglia riconoscere che il problema bancario è europeo, riguarda le casse locali tedesche come le popolari venete, e lasci che le banche finiscano, una alla volta, preda della speculazione finanziaria indipendentemente dalla loro nazionalità. Passi che bisogna fare i conti ogni giorno con un regolatore, sempre europeo, che sta ancora faticosamente imparando il suo mestiere e faccia apprendistato a spese dei correntisti e, in genere, dei risparmiatori moltiplicando i problemi, invece di risolverli, e mettendo pericolosamente a rischio la stabilità finanziaria dei Paesi.
Ciò che appare davvero intollerabile è che si lasci credere per ore dal primo pomeriggio, senza un minimo di smentita, che la Vigilanza bancaria della Bce non abbia concesso la proroga per l’aumento di capitale del Monte Paschi di Siena, terza banca italiana, la più antica d’Europa, e si scopra al tramonto che non vi è stata nessuna decisione finale in questa direzione e che nulla arriverà a strettissimo giro. Sono comportamenti gravi che non possono restare impuniti.
Qui finiscono le responsabilità degli altri e iniziano le nostre. Vengono da lontano, riflettono vizi politici e distorsioni manageriali, arrivano al punto di doverci misurare con la questione del Monte, intorno alla quale ruota una questione bancaria nazionale che si autoalimenta al di là dei problemi che oggettivamente ci sono, senza un governo nel pieno delle sue funzioni e con le difficoltà conseguenti a prendere quelle misure patrimoniali precauzionali che non possono non richiedere un passaggio parlamentare perché comportano impegni rilevanti destinati a incidere sulla finanza pubblica. Non ci stancheremo mai di dare atto che la situazione di crisi politica sia gestita in modo adeguato, per tempi e qualità degli interventi, dal punto di vista istituzionale, e quanto giovi in questi giorni difficili il credito che la guida attuale dell’Economia dimostra di riscuotere fuori dai confini nazionali.
Pensare, come questo giornale ha più volte sottolineato, che la questione bancaria e la questione economica, a partire dai provvedimenti di esecuzione previsti dalla manovra votata in un lampo, non siano la priorità e non richiedano un impegno politico almeno pari a quello altrettanto necessario per garantire al Paese una legge elettorale omogenea tra le due Camere, sarebbe un errore di livello grave. La saggezza e il rigore con il quale il Quirinale sta gestendo la crisi ci rassicura che le scelte imminenti non prescinderanno dal profilo internazionale necessario e, d’altro canto, dentro il governo Renzi uscente non mancano le personalità sulle quali scommettere. Fare presto e bene è un imperativo categorico, non si può scherzare con il fuoco.