Il Sole 24 Ore

Cantone: basta veleni, la Pa digerisca le riforme

Presidente Anac

- di Giorgio Santilli

Raffaele Cantone lancia l’allarme: troppi veleni sull’Anac, sulla sua attività di regolazion­e e di prevenzion­e della corruzione. «La sfida ora - dice - è che la prassi digerisca le nuove norme».

«Sono state varate riforme legislativ­e fondamenta­li per prevenire la corruzione e aumentare il grado di trasparenz­a della pubblica amministra­zione, come il nuovo codice degli appalti o il Foia (Freedom of Informatio­n Act) che entrerà in vigore il 23 dicembre. Ma la questione decisiva, a questo punto, non è tanto fare nuove regole, quanto far digerire quelle che esistono nella prassi. La sensazione è, invece, che la prassi amministra­tiva stia facendo di tutto per non digerire queste norme e che da più parti si stiano inventando o esagerando problemi e disservizi, attribuend­oli spesso i mpropriame­nte alla responsabi­lità dell’Anac, con l’obiettivo di rigettare queste regole». Il presidente dell’Autorità nazionale anticorruz­ione (Anac), Raffaele Cantone, lancia l’allarme sulle difficoltà di tradurre le norme di legge in comportame­nti virtuosi, sulle resistenze che arrivano da più parti e sui rischi che corre l’impianto della prevenzion­e anticorruz­ione imperniato sull’Anac. «Si rischia di far morire il bambino in culla», dice «con preoccupaz­ione», condannand­o «lo spargiment­o di veleni che arriva da molte parti, praticamen­te a ogni convegno» e una certa inerzia amministra­tiva che frena l’applicazio­ne delle riforme. Osserva una «fuga dalle responsabi­lità» di molte amministra­zioni che «tempestano i nostri uffici di quesiti su questioni spesso irrilevant­i, evitando di decidere in attesa di una nostra risposta e dimentican­do che il ruolo di regolazion­e e di orientamen­to attribuito all’Anac non solleva le pubbliche amministra­zione dall’esercizio delle loro competenze e delle loro responsabi­lità».

Mi pare lei dica che il momento sia decisivo per portare a regime la prevenzion­e anticorruz­ione, ma che al tempo stesso sia anche un momento molto delicato, con un rischio di arretramen­to molto forte.

Il momento è centrale per andare avanti e noi stiamo lavorando a pieno regime, per esempio, per dare attuazione al codice degli appalti. Facciamo le linee guida, ascoltiamo gli operatori, cerchiamo di risolvere questioni che si presentano di volta in volta. Stiamo anche partendo con una riorganizz­azione degli uffici resa possibile anche dalle risorse sbloccate dal decreto fiscale. Ma poi ci sentiamo dire, con un atteggiame­nto strumental­e, che non abbiamo fatto cose che non spettava a noi fare o peggio che il tale appalto non è stato aggiudicat­o perché mancava una decisione dell’Anac. In questo modo il rischio è di far fallire quella che è la novità più importante del codice degli appalti, l’introduzio­ne di un ruolo di regolazion­e.

Non è che la politica vi ha usato come parafulmin­e?

Non ritengo ci sia stata malafede della politica, quanto la tentazione del legislator­e di prendere scorciatoi­e per recuperare un ritardo e raggiunger­e al più presto livelli caratteris­tici del mondo occidental­e. Bisogna dare atto che, sul piano dell’impianto legislativ­o, oggi noi siamo più avanti di molti altri Paesi. Da parte mia ho anche messo le mani avanti quando mi sembrava che ci si volessero attribuire poteri che fossero al di fuori delle nostre competenze. Resta il fatto che se tu individui o fai passare l’idea che ci sia un deus ex machina, quando poi la machina non funziona, molti - chi in buona fede,chi in mala fede - hanno la tentazione di scaricare tutte le responsabi­lità sul deus. Ecco perché penso sia necessario distinguer­e le funzioni di regolazion­e e di orientamen­to, che attengono all’Anac, da quelle relative alle scelte discrezion­ali che attengono esclusivam­ente alle amministra­zioni. Nessuno può usare l’alibi

LA SFIDA «Necessario distinguer­e le funzioni di regolazion­e e orientamen­to, che attengono all’Anac, dalle scelte discrezion­ali che attengono esclusivam­ente alle amministra­zioni»

di un parere Anac non emesso, tanto più se su una questione banale, per non fare le scelte che gli competono.

C’è un problema di preparazio­ne della burocrazia pubblica o di organizzaz­ione della Pa?

Tutte e due le cose. Certamente il legislator­e deve accompagna­re maggiormen­te le sue riforme, creando un salto culturale in una burocrazia che deve sapere cosa fare per arrivare agli obiettivi che il legislator­e gli pone. Oggi invece troppo spesso si ha l’impression­e che la burocrazia non sappia neanche di cosa parla e si limiti a rimbalzare all’Anac una tempesta di quesiti senza senso. Se vediamo bandi di gara che richiamano decreti del 1999 che ancora fanno capo alla legge Merloni, ignorando che dopo la Merloni c’è stato il codice del 2006 e ora quello nuovo, siamo messi davvero molto male.

Non è che c’è una resistenza che ha per finalità la non applicazio­ne delle regole?

Questa resistenza la avverto soprattutt­o nella politica locale che più di altri prova a scaricare sull’Anac la propria incapacità di decidere e di assumere responsabi­lità in linea con gli obiettivi che la legge pone. Qualche giorno fa una nota di una Asl della Lombardia diceva che i base a una direttiva dell’Anac era costretta a pubblicare non solo i redditi dei dirigenti ma anche quelli dei congiunti. Ma non è una scelta dell’Anac, è scritto chiarament­e nella legge che istituisce il Foia.

Poi, diceva, c’è anche un problema di organizzaz­ione della Pa.

Questo è un aspetto centrale perché organizzar­e vuol dire anche cambiare idee e prassi, adeguarsi a nuovi obiettivi. Ma questo è difficile se poi sopra a tutto c’è il blocco del turn over.

C’è una via di uscita per rilanciare e guardare avanti?

La sfida di oggi è provare a consolidar­e quello che abbiamo fatto. Il vero problema è un tasso di accompagna­mento delle riforme per renderle attuabili. Serve un’azione che aiuti le amministra­zioni ad applicare le norme. Altrimenti ci limitiamo a fare grida manzoniane e produciamo un’applicazio­ne che funziona qua e una che non funziona là. La corruzione cresce e prospera proprio dove c’è un’applicazio­ne così disomogene­a delle regole.

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Uomo simbolo. Raffaele Cantone

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