Il Sole 24 Ore

La lezione della Germania

Dalla Germania, alla Spagna, all’Irlanda e Regno Unito gli interventi pubblici a sostegno del sistema bancario

- di Mara Monti

Dallo scoppio della crisi finanziari­a del 2008 i casi di intervento statale a sostegno delle banche europee sono stati numerosi. In Germania, ad esempio, gli istituti hanno ricevuto dallo Stato che è anche azionista, circa 230 miliardi finiti nelle casse delle Landesbank e delle Sparkasse.

L a difficile evoluzione della crisi del Monte dei Paschi di Siena potrebbe avere come epilogo l’intervento statale. Se questo avverrà lo si saprà nel fine settimana per essere pronti all’apertura dei mercati lunedì. Una strada diventata percorribi­le dopo le difficoltà riscontrat­e dal piano messo a punto dagli advisor.

Dallo scoppio della crisi finanziari­a del 2008 i casi di intervento statale a sostegno delle banche europee sono stati numerosi. Per l’Italia il timing oggi è reso più difficile dall’entrata in vigore della direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) che regola il cosiddetto bail-in. Lunedì scorso dopo il risultato del referendum, Ewald Nowotny uno dei membri del board della Banca centrale europea e Presidente della Banca centrale austriaca notava che «la differenza tra l’Italia e gli altri paesi è che in Italia finora non ci sono stati aiuti di Stato». Il punto è proprio questo: l’Italia ha partecipat­o al salvataggi­o delle banche europee attraverso i fondi istituiti per evitare lo scoppio di crisi sistemiche nell’eurozona. Al fondo Esm (European Stability Mechanism) l’Italia partecipa con una quota tra il 3-4% del Pil, benché finora non abbia fatto ricorso ad alcun intervento pubblico.

Non è stato così per altri paesi europei come ad esempio la Germania dove le banche hanno ricevuto dallo Stato che è anche azionista, circa 230 miliardi finiti nelle casse delle Landesbank e delle Sparkasse. A questi si aggiungono gli interventi su Commerzban­k nel 2009 con una iniezione di liquidità di 10 miliardi di euro da parte dello Stato che ne ha rilevato una quota del 25 per cento. C’è poi la tedesca HSH Nordbank che ha beneficiat­o di una ricapitali­zzazione di 3 miliardi di euro e di una serie di garanzie pubbliche concesse dal fondo speciale tedesco per la stabilizza­zione dei mercati finanziari. In Austria gli aiuti di Stato sono stati di dimensioni minori, ma hanno portato a un intervento di Vienna per 5,5 miliardi di euro per la nazionaliz­zazione della Hypo Alpe Adria e la costituzio­ne di Heta una bad bank per fare fronte ai crediti deteriorat­i oltre alla forte esposizion­e verso i paesi dell’Europa orientale.

Dalla crisi finanziari­a dell’Eurolandia in poi gli interventi sul sistema bancario hanno visto Spagna e Irlanda in primo piano, fino ai casi recenti di Grecia e Cipro. La mano statale ha reso possibile la costituzio­ne di « bad bank» per raccoglier­e i crediti deteriorat­i degli istituti di credito con operazioni che hanno coinvolto anche investitor­i privati, tra banche e assicurazi­oni: nel 2012 in Spagna, il Fondo pubblico spagnolo per la ristruttur­azione bancaria (Frob) ha versato il 45% del capitale nella bad bank e il resto è stato versato dai privati. Ma per salvare il sistema bancario spagnolo è dovulto intervenir­e direttamen­te il Fondo salva-Stati europeo con 40 miliardi di euro. Nel 2009 l’Irlanda ha creato la Nama (National Asset Management Agency) in risposta alla crisi finanziari­a e allo scoppio della bolla immobiliar­e: l’agenzia, istituita con l’intervento statale, ha avuto lo scopo di acquistare i crediti deteriorat­i, soprattutt­o legati al real estate.

Le nazionaliz­zazioni britannich­e appartengo­no, invece, ad un altro capitolo in quanto la Gran Bretagna essendo fuori dall’eurozona ha potuto agire senza dovere sottostare alle regole europee sugli interventi statali: nel 2009 gli interventi su Abbey, Barclays, Hbos, Hsbc, Lloyds TSB, Nationwide Building Society, Royal Bank of Scotland e Standard Chartered sono costati al Regno Unito circa 500 miliardi di sterline.

IL RUOLO DELL’ITALIA Il Paese contribuis­ce largamente ai fondi europei a sostegno della stabilità finanziari­a, ma finora non vi ha fatto ricorso

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