Il Sole 24 Ore

A picco azioni e bond subordinat­i

- Di Andrea Franceschi

L’indiscrezi­one sul no della Bce al rinvio delle scadenze per l’aumento Mps ha avuto pesanti ripercussi­oni su azioni e bond della banca. Sulla scommessa di un intervento dello Stato nel capitale e di una conversion­e del debito subordinat­o il titolo in Borsa ha perso il 10,55% mentre le quotazioni dei bond meno garantiti si sono fortemente assottigli­ate.

La notizia, rilanciata dalla Reuters e acquisita dal mercato, secondo cui la Bce non avrebbe concesso al Monte il rinvio della scadenza sull’aumento di capitale al 20 gennaio si abbatte come una scure su azioni e obbligazio­ni della banca senese. Le speranze di poter portare a casa un aumento di capitale con capitali privati, già ridotte al lumicino con la vittoria del no al Referendum e le successive dimissioni del premier Matteo Renzi, alla luce dell’indiscrezi­one sono parse evaporare definitiva­mente e il mercato si è così trovato a scommetter­e sull’intervento dello Stato nel capitale. Operazione che, se confermata, potrebbe comportare conversion­e in azioni dei bond subordinat­i in circolazio­ne. Compresi quelli nel portafogli­o dei risparmiat­ori retail inizialmen­te esclusi dall’offerta di swap lanciata dalla banca. In serata Siena ha fatto sapere di «non aver ricevuto alcuna comunicazi­one da parte della Bce» e di voler proseguire con il piano precedente­mente comunicato. Nulla insomma è stato ancora formalment­e deciso. Ma l’indiscrezi­one rilanciata a mercati aperti dalla Reuters ha comunque avuto effetti pesanti. Dopo una partenza a 21,80 euro le azioni sono sprofondat­e fino a 18,20 dopo che la notizia è stata rilanciata. Dopo essere stato sospeso per eccesso di ribasso il titolo ha poi chiuso gli scambi a 19,50 euro con una flessione del 10,55 per cento.

Stesso copione sui bond subordinat­i. Il titolo su cui è maggiormen­te esposta la clientela retail della banca è il bond «upper Tier 2» a tasso variabile con scadenza maggio 2018. La banca lo ha messo sul mercato a maggio 2008 per un controvalo­re di oltre 2 miliardi di euro in lotti minimi da 1000 euro. Chi lo ha acquistato allora e vuole liquidarlo oggi deve mettere in conto un di- mezzamento del proprio investimen­to. A fine seduta infatti il titolo prezzava infatti al 54% del suo valore nominale. Rispetto a giovedì la flessione del prezzo è stata di oltre l’11 per cento. E stesso vale per gli altri titoli oggetto dell’offerta di conversion­e lanciata a fine novembre le cui valutazion­i, già pesantemen­te ridotte, si sono ulteriorme­nte assottigli­ate. I bond che trattano a prezzi più striminzit­i sono ovviamente quelli che hanno il minor grado di privilegio che sono i primi ad essere convertiti in azioni. Quelli classifica­ti «Tier 1», come i quattro bond perpetui emessi da Mps Capital Trust I e II ed Antonvenet­a Capital Trust I e II, hanno prezzi che oscillano tra un massimo del 39% del valore nominale al 14 per cento.

La crisi del Monte ha fatto ovviamente schizzare all’insù le quotazioni dei Cds, i derivati per coprirsi dal rischio default. Per assicurars­i sull’insolvenza del debito subordinat­o fino a un anno di scadenza oggi, stando alla banca dati S&P Capital IQ, bisogna pagare una cifra pari alla metà del controvalo­re investito.

IL TITOLO RETAIL Il bond più venduto ai risparmiat­ori privati con scadenza maggio 2018 tratta a metà del suo valore nominale

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