Da Francoforte un altro stop che spiazza il mercato
Il «no» giunto ieri da Francoforte è solo l’ultima di una lunga serie di incomprensioni tra Bce e Mps. E che per tempi, modalità, e contenuti ha ancora una volta spiazzato il mercato: la notizia, diffusa con indiscrezioni di stampa ma non smentita, dello stop alla richiesta di proroga dell’aumento è bastata in un attimo ad abbattere il titolo a Piazza affari, e a portare giù quasi tutto il comparto. E poco importa che, formalmente, il «no» non sia ancora stato recapitato alla banca: ci sarà da attendere mercoledì, quando il Consiglio dei Governatori sarà chiamato a prendere in esame il parere (negativo) della Vigilanza e a girarlo a Siena. Intanto, però, il mercato si muove. E vende.
Non è la prima volta che il Monte paga anzitutto in Borsa gli effetti delle scelte della Vigilanza. Forse era inevitabile, visto che negli ultimi due anni il Monte dei Paschi - non per colpa sua, né dei suoi attuali amministratori - ha calzato gli scomodi panni dell’ultima della classe proprio mentre la Bce si trovava a debuttare nella sua nuova veste di supervisore unico sulle principali banche europee: qualche bacchettata non poteva non darla, e Siena - finita in coda agli stress test condotti insieme all’Eba sia nel 2014 che quest’anno - ha rappresentato il bersaglio naturale.
Ma le cronache degli ultimi due anni raccontano di una relazione travagliatissima, scandita da incontri pressoché mensili, lettere e ultimatum su aumenti, aggregazioni e smaltimento Npl. Insieme alle altre richieste giunte nel frattempo dalla Commissione europea e alla dose di aspettative create e non sempre mantenute dal legislatore domestico, intorno a Mps si è creato un clima di incertezza di tale portata da rendersi ancora più nefasto della sua stessa debolezza strutturale: al paziente troppe volte è stato chiesto di cambiare terapia, e oggi lo stato di salute non può certo dirsi migliorato rispetto a fine 2014, per lo meno nella percezione dei mercati.
Come in ogni gioco delle parti, banca e vigilanza stanno su sponde opposte, ma la relazione tra Mps e Bce di questi due anni, comprese le ripercussioni di mercato, meriterebbe di essere studiata e approfondita.
Tuttavia, passando dal metodo al merito, probabilmente il semaforo rosso di ieri non è stato uno dei più negativi tra quelli giunti in questi anni. La banca aveva chiesto un salvagente per stare a galla in una tempesta in cui l’Italia ha fatto di tutto per ritrovarsi, Francoforte ha ritenuto di non lanciarlo perché, coerente con se stessa, va dicendo da anni che al Monte dei Paschi serve un approdo sicuro e definitivo. Alla Vigilanza forse costava poco concedere una proroga di sole tre settimane alla scadenza del 31 dicembre per effettuare l’aumento da cinque miliardi. Ma, al tempo stesso, di sicuro poco sarebbe cambiato: la ricapitalizzazione da cinque miliardi è una missione non facile oggi, ma lo sarebbe stata con ogni probabilità anche a inizio 2017, quando - viste le premesse - poco potrà migliorare di questo scenario così confuso. Meglio decidere subito e risparmiarsi qualche ulteriore settimana di incertezza, per di più con la possibilità di scaricare parte della responsabilitàtà susulla Vigilanza.