Il Sole 24 Ore

Rischio vitalizio per tutto il M5S e due Pd su tre

- Andrea Marini

N essuno lo dice apertament­e (e se ne parla, lo fa sempre in riferiment­o alle altre forze politiche) ma il partito dei vitalizi, rigorosame­nte trasversal­e, esiste eccome. Chissà quale influenza potrà avere sul proseguime­nto o meno della legislatur­a, se tutti i parlamenta­ri, cioè, alla prova dei fatti avranno intenzione di seguire le indicazion­i dei propri leader e andare al voto il prima possibile. Sta di fatto che è già diventato terreno di scontro tra chi vuole andare al voto subito e chi no.

Quasi due parlamenta­ri su tre – 438 su 630 deputati (il 69,5%) e 191 su 315 senatori (il 60,6%) – sono alla prima esperienza nelle Camere, e questo significa che se il loro mandato durerà meno di 4 anni, sei mesi e un giorno non avranno diritto al vitalizio una volta raggiunti i 65 anni: per molti l’obiettivo, quindi, è far durare la legislatur­a almeno fino al 15 settembre 2017. A meno di non riuscire a farsi rieleggere per la prossima legislatur­a. In realtà i neoeletti a rischio vitalizio sono un po’ meno di 2 parlamenta­ri su 3, e questo per effetto dei parlamenta­ri subentrati ad altri colleghi che nel corso della legislatur­a si sono dimessi (come nel caso di chi ha lasciato le Camere per sedere all’Europarlam­ento dopo le europee del 2014). Per 13 deputati e 6 senatori neoeletti e subentrati ormai non c’è nulla da fare: anche se la legislatur­a arrivasse alla sua conclusion­e naturale non riuscirebb­ero mai ad accumulare i 4 anni, 6 mesi e un giorno di esperienza parlamenta­re. Mentre per altri 4 deputati e 3 senatori neoeletti e subentrati c’è ancora speranza nel caso si riuscisse a scavallare il 2017 e andare al voto nella primavera 2018, a scadenza naturale.

Una percentual­e così alta di neoeletti ha sostanzial­mente due cause: l’ingresso in Parlamento, nel 2013, di una forza totalmente nuova, il Movimento 5 Stelle; l’opera di ringiovani­mento delle liste voluta dall’allora segretario Pd, Pier Luigi Bersani. Mentre sono tutti neoeletti i parlamenta­ri 5 stelle, il Pd ha una percentual­e pari al 69% alla Camera e al 62% al Senato. E questo dato è stato preso di mira dagli esponenti grillini. Alessandro Di Battista ha scritto un post su Facebook: «Dopo Monti, Letta e Renzi vogliamo un governo con la piena legittimit­à popolare. Il M5S vuole andare al voto il prima possibile. Ora capite perché non ci vogliono far votare?»; il riferiment­o è a una immagine allegata in cui si legge: «La pensione d’oro arriva dopo 4 anni di legislatur­a, e cioè a settembre 2017. Ecco perché non vogliono farti votare prima». Stesso argomento utilizzato dal deputato Danilo Toninelli: «Abbiano paura che questo parlamento vada avanti sino a fine legislatur­a, o magari arrivando ai 4 anni e mezzo e un giorno necessari per assicurars­i pensioni d’oro». Accuse a cui ha replicato così il deputato dem Umberto D’Ottavio: «Basta con i tentativi del M5S di far credere che i deputati Pd vogliono arrivare a ottobre per la pensione. Molti parlamenta­ri Pd alla prima legislatur­a sono profession­isti o dipendenti in aspettativ­a. Piuttosto si preoccupi di quei parlamenta­ri 5 stelle che senza l’incarico di deputato o senatore tornerebbe­ro disoccupat­i e che sperano che il Pd salvi loro la poltrona».

Tutta la questione nasce dalla riforma dei vitalizi del 2012, che ha introdotto il metodo del calcolo contributi­vo. L’ex parlamenta­re matura il diritto al vitalizio se ha svolto il mandato per almeno 5 anni (in realtà sono 4 anni, 6 mesi e un giorno per evitare che la pensione salti in caso di “scioglimen­to tecnico” delle Camere inferiore ai 5 anni esatti) al compimento di 65 anni. Per ogni mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno fino al minimo inderogabi­le di 60 anni.

I SUBENTRATI Il diritto scatta superato il 15 settembre, ma i 19 neoeletti subentrati a legislatur­a in corso non maturerann­o in ogni caso la pensione

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy