«Futuro incerto se il mercato non ci aiuta»
Anche la comasca Clerici Tessuto è in difficoltà nel trasfer ire gli aumenti a valle della filiera produttiva
«Il budget? No, le confesso che non ho ancora avuto il coraggio di farlo». L'area di incertezza per Alessandro Tessuto è ancora eccessiva, in un mercato stretto tra debolezza della domanda e prezzi delle materie prime in crescita esplosiva. L'ad di Clerici Tessuto, tra le maggiori realtà tessili mondiali nel settore del lusso, è di ritorno da Parigi dove ha presentato al mercato le proprie collezioni. Incassando più di una delusione a fronte delle richieste di un ritocco verso l'alto dei listini.
«Sto incontrando tutti i clienti – spiega – e in effetti mi pare che fare passare questo messaggio non sia affatto facile. Le risposte variano nella forma ma il contenuto non cambia: a volte mi chiedono se sto scherzando, in altri casi semplicemente ribattono di non voler accettare alcun tipo di aumento».
L'azienda comasca, fondata nel 1923 e arrivata alla quarta generazione imprenditoriale, controlla oggi una completa microfiliera tessile che impiega oltre 300 dipendenti, coprendo l'intero ciclo di nobilitazione della seta e di altre fibre naturali. I ricavi, arrivati a quota 70 milioni, sono oltre il periodo pre-crisi, anche se le nubi all'orizzonte non mancano.
«Oggi il mercato non accetta aumenti – spiega l'imprenditore – ma l'impatto sui bilanci è difficile da sostenere. Abbiamo margini lordi nell'ordine del 7-8%, non penso che i clienti non sappiano che per i produttori il momento è complesso, con commesse in frenata e una domanda globale mediamente debole».
L'obiettivo dell'azienda è quello di spuntare rialzi di prezzo del 5%, aumenti che per la struttura della filiera a valle vengono considerati più che sostenibili.
«I grandi marchi – aggiunge Tessuto – hanno ricarichi anche sette volte superiori rispetto ai costi del prodotto che acquistano da noi. Certamente hanno rilevanti costi di marketing e di gestione della rete di vendita, spesso globale. Ma penso che un paio di euro al metro di aumento non pregiudichino la loro stabilità. Però, sa, si tratta ormai di grandi gruppi finanziari, le logiche sono quelle, fa parte del business. Come andrà a finire? Magari io chiedo aumenti del 5% , loro dicono zero, poi l'accordo si trova a metà strada, il compromesso è sempre la soluzione più accettabile».