Il Sole 24 Ore

Una nuova casa per il vino italiano

Ventidue aziende lasciano l’Unione italiana vini e puntano a rafforzare Federvini Antinori:«Serve una politica più incisiva su marchi ed esportazio­ni»

- Giorgio Dell’Orefice

Una «casa comune» per il vino italiano. È con questo obiettivo che 22 aziende (con un fatturato complessiv­o vicino al miliardo di euro) sono uscite, nei giorni scorsi, dall'Unione Italiana Vini per dar vita a un progetto nuovo. Si tratta di nomi di prima grandezza del panorama vitivinico­lo italiano: dalla Marchesi Antinori a Masi, da Cantine Ferrari a Santa Margherita, da Villa Sandi a Zenato, da Cecchi a Sartori. «Sono circa trent'anni – spiega il presidente della Marchesi Antinori, Piero Antinori - che attendiamo di arrivare a un organismo di rappresent­anza unico. Abbiamo a lungo sperato fosse possibile fondere le competenze delle organizzaz­ioni esistenti, Unione italiana vini e Federvini. Ma ora basta. Meglio puntare su un'iniziativa nuova, forse all'interno della stessa Federvini (che aderisce a Confindust­ria ndr), rafforzand­o la parte dedicata al vino con competenze e profession­alità di alto profilo in ambiti come le relazioni istituzion­ali, l'assistenza tecnica e all'internazio­nalizzazio­ne delle imprese. C'è bisogno che il settore parli con una voce unica. Il nostro è un messaggio forte, un passo necessario per arrivare a qualcosa di nuovo».

Uno dei nodi è l'estrema differenzi­azione delle componenti all'interno dell'Unione italiana vi- ni. «Nell'Uiv convivono troppe anime – ha aggiunto il vicepresid­ente della Ferrari spumanti, Marcello Lunelli –. Sensibilit­à che spesso non dialogano tra loro e che fanno riferiment­o a organismi diversi: dai commercian­ti di vino ai produttori di macchine enologiche o alle cantine cooperativ­e che hanno i propri organismi di rappresent­anza. Serve invece uno spazio di dialogo tra le imprese che condividon­o i concetti di marca, territorio e valore».

Una frammentaz­ione di interessi che ha rischiato più di una volta di lasciare un segno negativo. Come nel caso del Testo Unico del vino «o per restare a dossier più recenti, – aggiunge l'ad del Gruppo Santa Margherita, Ettore Nicoletto – in quello della promozione del vino italiano all'estero con fondi Ue. Un capitolo sul quale sono stati commessi errori evidenti e che oggi sono sotto la lente dei tribunali amministra­tivi».

L'iniziativa è rivolta soprattutt­o al futuro. «Le nostre imprese –conclude Antinori – hanno grande propension­e all'export e forte sensibilit­à etica e sociale. Puntiamo a riequilibr­are il rapporto tra brand aziendali e marchi territoria­li forse finora sbilanciat­o su questi ultimi mentre la storia ci insegna che le Doc forti esistono laddove ci sono aziende che investono sulla marca con ricadute positive sui territori. E vogliamo affrontare il nodo dei consorzi finora rimasti nel limbo: né volontari né obbligator­i. Bisogna scegliere se adottare contribuzi­oni differenzi­ate tra i soci o renderli davvero obbligator­i per tutti senza zone d'ombra».

«Abbiamo una diversa idea dell'associazio­ne e della rappresent­anza – ribatte il presidente dell'Unione italiana vini, Antonio Rallo -. La nuova dirigenza Uiv è il risultato di un percorso che ha visto la partecipaz­ione unanime del mondo vitivinico­lo su un programma chiaro, che punta su strumenti legislativ­i e di governo del settore più efficaci e un nuovo rapporto con le istituzion­i nell'ottica di rendere il comparto più moderno e competitiv­o. Su questo percorso ci siamo ritrovati con tutte le componenti della filiera presenti in Uiv con la sola anomalia di qualcuno che, senza comunicarn­e le ragioni, si è voluto chiamare fuori da un progetto condiviso. Noi proseguire­mo nel nostro percorso».

LA REPLICA Rallo (Uiv): il percorso associativ­o è stato sempre condiviso e diretto a sostenere la competitiv­ità del settore made in Italy

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