Una nuova casa per il vino italiano
Ventidue aziende lasciano l’Unione italiana vini e puntano a rafforzare Federvini Antinori:«Serve una politica più incisiva su marchi ed esportazioni»
Una «casa comune» per il vino italiano. È con questo obiettivo che 22 aziende (con un fatturato complessivo vicino al miliardo di euro) sono uscite, nei giorni scorsi, dall'Unione Italiana Vini per dar vita a un progetto nuovo. Si tratta di nomi di prima grandezza del panorama vitivinicolo italiano: dalla Marchesi Antinori a Masi, da Cantine Ferrari a Santa Margherita, da Villa Sandi a Zenato, da Cecchi a Sartori. «Sono circa trent'anni – spiega il presidente della Marchesi Antinori, Piero Antinori - che attendiamo di arrivare a un organismo di rappresentanza unico. Abbiamo a lungo sperato fosse possibile fondere le competenze delle organizzazioni esistenti, Unione italiana vini e Federvini. Ma ora basta. Meglio puntare su un'iniziativa nuova, forse all'interno della stessa Federvini (che aderisce a Confindustria ndr), rafforzando la parte dedicata al vino con competenze e professionalità di alto profilo in ambiti come le relazioni istituzionali, l'assistenza tecnica e all'internazionalizzazione delle imprese. C'è bisogno che il settore parli con una voce unica. Il nostro è un messaggio forte, un passo necessario per arrivare a qualcosa di nuovo».
Uno dei nodi è l'estrema differenziazione delle componenti all'interno dell'Unione italiana vi- ni. «Nell'Uiv convivono troppe anime – ha aggiunto il vicepresidente della Ferrari spumanti, Marcello Lunelli –. Sensibilità che spesso non dialogano tra loro e che fanno riferimento a organismi diversi: dai commercianti di vino ai produttori di macchine enologiche o alle cantine cooperative che hanno i propri organismi di rappresentanza. Serve invece uno spazio di dialogo tra le imprese che condividono i concetti di marca, territorio e valore».
Una frammentazione di interessi che ha rischiato più di una volta di lasciare un segno negativo. Come nel caso del Testo Unico del vino «o per restare a dossier più recenti, – aggiunge l'ad del Gruppo Santa Margherita, Ettore Nicoletto – in quello della promozione del vino italiano all'estero con fondi Ue. Un capitolo sul quale sono stati commessi errori evidenti e che oggi sono sotto la lente dei tribunali amministrativi».
L'iniziativa è rivolta soprattutto al futuro. «Le nostre imprese –conclude Antinori – hanno grande propensione all'export e forte sensibilità etica e sociale. Puntiamo a riequilibrare il rapporto tra brand aziendali e marchi territoriali forse finora sbilanciato su questi ultimi mentre la storia ci insegna che le Doc forti esistono laddove ci sono aziende che investono sulla marca con ricadute positive sui territori. E vogliamo affrontare il nodo dei consorzi finora rimasti nel limbo: né volontari né obbligatori. Bisogna scegliere se adottare contribuzioni differenziate tra i soci o renderli davvero obbligatori per tutti senza zone d'ombra».
«Abbiamo una diversa idea dell'associazione e della rappresentanza – ribatte il presidente dell'Unione italiana vini, Antonio Rallo -. La nuova dirigenza Uiv è il risultato di un percorso che ha visto la partecipazione unanime del mondo vitivinicolo su un programma chiaro, che punta su strumenti legislativi e di governo del settore più efficaci e un nuovo rapporto con le istituzioni nell'ottica di rendere il comparto più moderno e competitivo. Su questo percorso ci siamo ritrovati con tutte le componenti della filiera presenti in Uiv con la sola anomalia di qualcuno che, senza comunicarne le ragioni, si è voluto chiamare fuori da un progetto condiviso. Noi proseguiremo nel nostro percorso».
LA REPLICA Rallo (Uiv): il percorso associativo è stato sempre condiviso e diretto a sostenere la competitività del settore made in Italy