Le aride statistiche e i manifesti politici
Recentemente ho scritto un breve saggio su commerci internazionali e occupazione, che ho esplicitamente etichettato come una cosa da «secchioni». L’obbiettivo, come dichiarato, era conciliare valutazioni apparentemente contraddittorie degli impatti degli scambi commerciali sull’occupazione complessiva nel settore manifatturiero (potete leggerlo qui: bit.ly/2hgVwpQ). Ma Tim Duy, un economista dell’Università dell’Oregon, è furioso, perché «le aride statistiche sui commerci non funzionano per contrastare Trump», secondo quanto scrive su un post di blog (lo trovate qui: bit.ly/2h7CoGG). Non era quello lo scopo.
Il mio saggio non era un manifesto politico e non ha mai preteso di esserlo. E nemmeno era una difesa della visione convenzionale dei commerci. Era un’analisi di quello che dicono i dati su una questione specifica. Non abbiamo il permesso di fare cose del genere nell’era di Donald Trump? Forse no, in effetti. Il fenomeno Trump è dovuto, in parte, a elettori della classe operaia bianca che si sono stretti intorno a un candidato che prometteva di riportare i posti di lavoro del passato, nelle miniere di carbone e nelle industrie, e si sono scagliati contro chiunque rifiutasse di fare promesse analoghe. Ma la promessa era, ed è, fraudolenta. Se cercare di fare un’analisi corretta è elitarismo, allora siamo veramente nei guai (e forse è così).
Come dovrebbe essere un manifesto politico che punti a conquistare questi elettori? Si potrebbe promettere di migliorare la vita con metodi che non prevedano di rimettere in piedi i vecchi stabilimenti e le vecchie miniere: è quello che ha fatto Obama con la riforma sanitaria e che avrebbe fatto Hillary Clinton con le politiche per la famiglia e altre misure. Ma questa, a quanto sembra, non è una risposta accettabile. Possiamo promettere posti di lavoro nuovi, diversi? Sotto Obama la creazione di posti di lavoro è andata piuttosto bene, ma i nuovi posti di lavoro nell’industria sono stati creati in regioni diverse da quelle dove erano andati persi quelli di prima.
Allora la risposta sta forse in politiche che promuovano l’occupazione nelle regioni in declino industriale? Di sicuro ragioni di principio per fare una cosa del genere ci sono, perché i costi dello sradicamento di lavoratori e famiglie sono maggiori di quanto gli economisti amino credere. Mi viene però da dire che i risultati di politiche di questo tipo in altri Paesi, sono piuttosto scarsi. Eppure la gente rivuole indietro quei lavori nell’industria, non altro. Ed è spocchioso e irrispettoso dire che è impossibile, anche se è la verità. Sì, le aride statistiche non sono utili per le campagne politiche, ma non è una ragione per mettere al bando le statistiche.