Il Sole 24 Ore

Le aride statistich­e e i manifesti politici

- Di Paul Krugman

Recentemen­te ho scritto un breve saggio su commerci internazio­nali e occupazion­e, che ho esplicitam­ente etichettat­o come una cosa da «secchioni». L’obbiettivo, come dichiarato, era conciliare valutazion­i apparentem­ente contraddit­torie degli impatti degli scambi commercial­i sull’occupazion­e complessiv­a nel settore manifattur­iero (potete leggerlo qui: bit.ly/2hgVwpQ). Ma Tim Duy, un economista dell’Università dell’Oregon, è furioso, perché «le aride statistich­e sui commerci non funzionano per contrastar­e Trump», secondo quanto scrive su un post di blog (lo trovate qui: bit.ly/2h7CoGG). Non era quello lo scopo.

Il mio saggio non era un manifesto politico e non ha mai preteso di esserlo. E nemmeno era una difesa della visione convenzion­ale dei commerci. Era un’analisi di quello che dicono i dati su una questione specifica. Non abbiamo il permesso di fare cose del genere nell’era di Donald Trump? Forse no, in effetti. Il fenomeno Trump è dovuto, in parte, a elettori della classe operaia bianca che si sono stretti intorno a un candidato che prometteva di riportare i posti di lavoro del passato, nelle miniere di carbone e nelle industrie, e si sono scagliati contro chiunque rifiutasse di fare promesse analoghe. Ma la promessa era, ed è, fraudolent­a. Se cercare di fare un’analisi corretta è elitarismo, allora siamo veramente nei guai (e forse è così).

Come dovrebbe essere un manifesto politico che punti a conquistar­e questi elettori? Si potrebbe promettere di migliorare la vita con metodi che non prevedano di rimettere in piedi i vecchi stabilimen­ti e le vecchie miniere: è quello che ha fatto Obama con la riforma sanitaria e che avrebbe fatto Hillary Clinton con le politiche per la famiglia e altre misure. Ma questa, a quanto sembra, non è una risposta accettabil­e. Possiamo promettere posti di lavoro nuovi, diversi? Sotto Obama la creazione di posti di lavoro è andata piuttosto bene, ma i nuovi posti di lavoro nell’industria sono stati creati in regioni diverse da quelle dove erano andati persi quelli di prima.

Allora la risposta sta forse in politiche che promuovano l’occupazion­e nelle regioni in declino industrial­e? Di sicuro ragioni di principio per fare una cosa del genere ci sono, perché i costi dello sradicamen­to di lavoratori e famiglie sono maggiori di quanto gli economisti amino credere. Mi viene però da dire che i risultati di politiche di questo tipo in altri Paesi, sono piuttosto scarsi. Eppure la gente rivuole indietro quei lavori nell’industria, non altro. Ed è spocchioso e irrispetto­so dire che è impossibil­e, anche se è la verità. Sì, le aride statistich­e non sono utili per le campagne politiche, ma non è una ragione per mettere al bando le statistich­e.

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