Il Sole 24 Ore

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Azioni sull’ottovolant­e ma i subordinat­i parlavano già chiaro: i rendimenti annui netti arrivano sino al 60%

- Nicola Borzi nicola.borzi@ilsole24or­e.com

Un rimbalzo superiore al 26% nel volgere di otto sedute, tra la chiusura del 28 novembre e quella di giovedì 8 dicembre. L’aveva messo a segno l’indice Ftse Italia banche, nonostante la vittoria del “no” al referendum costituzio­nale del 4 dicembre, la crisi di Governo e lo slittament­o del piano di salvataggi­o del Monte dei Paschi. Il cui titolo passava nello stesso periodo da 17,24 a 21,8 euro, con un recupero del 26,5%. Mentre l’indice generale Ftse Mib segnava un rialzo pari al 13,6%, trainato proprio dai bancari. Aveva senso tutto questo ottimismo? No, come si è dimostrato ieri, venerdì 9 dicembre, quando voci di mercato hanno parlato di un “no” della Banca centrale europea alla richiesta di proroga al 20 gennaio del percorso di rafforzame­nto patrimonia­le richiesta dal Consiglio di amministra­zione. Il titolo così è crollato anche sino all’11% tra volumi altissimi a Piazza Affari.

Dall’offerta di conversion­e dei bond subordinat­i, tra il 28 novembre e il 2 dicembre, la banca attendeva adesioni per un miliardo e mezzo su un totale disponibil­e di 4,3 miliardi. Invece è arrivato poco più di un miliardo. Dunque per raggiunger­e i 5 miliardi previsti dal piano di salvataggi­o ne mancavano quasi 4 che dovranno essere raccolti con l’aumento di capitale. Ora il ministero dell’Economia starebbe studiando due modalità di intervento in caso di fallimento del “piano A” di Mps. Entrambe le ipotesi riguardano tutti i subordinat­i: la prima prevedereb­be la possibilit­à di comprare — oltre ai titoli per investitor­i istituzion­ali — anche i subordinat­i in mano ai risparmiat­ori retail (per 2,16 miliardi) per poi convertirl­i in azioni; la seconda coinvolger­ebbe nella conversion­e tutti i bond subordinat­i, garantendo poi un “ristoro” per il retail, che secondo alcune fonti potrebbe prendere la forma di uno swap con titoli di Stato di pari importo. Il decreto potrebbe essere pronto per il fine settimana.

Ma gli obbligazio­nisti non ci credevano. Secondo i dati di Skipper Informatic­a, sul mercato secondario i rendimenti effettivi annui netti dei subordinat­i di Mps con scadenze superiori a un anno viaggiano tra il 60,75 del titolo Mps 15 gennaio 2018 tasso variabile call (Isin XS02389166­20), che il 7 dicembre quotava 59,75, e il 19,95% del titolo Mps 9 settembre 2020 5,6% (Isin XS05405449­12), prezzo 60,75. Il bond 15 maggio 18 Isin IT00043525­86 da 2,16 miliardi, sottoscrit­to dal retail a tranche da 1.000 euro, vede il prezzo a 53 euro e un rendimento a scadenza al 50%. I crolli contagiano anche i subordinat­i di altre banche in difficoltà: il sub Popolare Vicenza 20 dicembre 2017 tasso variabile call (Isin XS03366832­54) ha un rendimento netto annuo del 116,27 e un prezzo a 46,54.

A parte gli indizi che arrivano dai subordinat­i, restano però completame­nte irrisolti i problemi del settore. Non c’è solo l’aumento di Mps: martedì prossimo, 13 dicembre, UniCredit presenterà il piano strategico con un aumento di capitale inizialmen­te previsto a 13 miliardi. C’è poi il dilemma del nuovo rafforzame­nto necessario a Vicenza e Veneto Banca, come pure alle quattro banche “risolte” il 22 novembre 2015 tre delle quali (Etruria, Banca Marche e CariChieti) potrebbero essere acquisite da Ubi, mentre CariFerrar­a è ancora in cerca di soluzioni. D’altronde, anche al netto di nuovi buffer di capitale richiesti dalle regole internazio­nali, nei conti degli istituti “salvati” continuano a emergere nuove sofferenze che richiedono ulteriori ricapitali­zzazioni.

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