A Wall Street attenti ad auto e oil&gas
Le attese di rialzo dei tassi Usa sono già incorporate nei corsi ma possono incidere anche sui consumi
Il rialzo dei tassi Usa è ormai inevitabile. Tre strette entro il 2017, di cui la prima a dicembre, in una manciata di giorni. Se la politica monetaria si fa restrittiva perché riconosce solida la ripresa Usa, ci sarà un effetto collaterale — negativo — sulle imprese più indebitate, in alcuni settori sensibili ai tassi come utility, automotive e oil&gas. «I Fed Funds entro il 2017 arriveranno all’1,25% — dice a Plus24 Paolo Geuna, analista di Tendercapital — e le ragioni sono semplici: il mercato del lavoro è in piena occupazione, al 62,7%. Secondo punto: l’inflazione Usa è cresciuta negli ultimi mesi, ora è a 1,7% e raggiungerà nel primo trimestre il target implicito della Fed a 2-2,5%. Infine gli indici manifatturieri sono cresciuti sopra le attese, spinti dall’export nonostante il rafforzamento del dollaro e sono stati rivisti al rialzo anche i consumi interni». I tassi si alzeranno pur con le incognite petrolio e Trump: il primo su cui pende l’incertezza sulla dimensione reale del taglio di produzione annunciato, il secondo che lascia nel dubbio sulle politiche annunciate in campagna elettorale.
«Il giorno seguente al risultato delle elezioni Usa la rotazione settoriale è stata molto evidente — afferma Manlio Bonafede, gestore aziona- rio Usa di Banca Leonardo —. In ragione del programma elettorale di Trump, focalizzato sui tagli delle tasse e rilancio della crescita attraverso investimenti nelle infrastrutture,sono riviste le previsioni di una ripresa dell’inflazione e questo ha fatto riposizionare velocemente gli investitori sia su azioni sia su bond in base al nuovo scenario. Storicamente i settori azionari che subiscono maggiormente il rialzo dei tassi sono quelli difensivi quali utility, tlc, tabacco, alimentari e l’i mmobiliare (come si evince dalla forte sensibilità del settore finanziario, composto soprattutto da Reit, ndr). Inoltre, indipendentemente dal settore, le società più indebitate e/o con valutazioni eccessive possono subire nel breve periodo forti correzioni anche in relazione alla velocità del rialzo dei tassi».
Un’analisi sul rapporto debito/ ebitda conferma la presenza di alcuni settori più sensibili al rialzo dei tassi. «Nella top 50 e la top 100 oil&gas e utility sono evidentemente le più esposte perché tipicamente usano in maniera più intensa la leva finanziaria — dice Alessandro Balsotti, portfolio manager Jci Capital Ltd — escludendo i finanziari che per leva e struttura tipica dello stato patrimoniale non hanno ratio paragonabili agli altri settori. Tra i nomi più conosciuti sono vulnerabili al rialzo dei tassi General Electric e Deere (industriali), Chesapeake ( oil&gas), Ford e Molson Coors (beni di largo consumo), Netflix (servizi)». Perché? «Con i tassi bassi erano in voga titoli bond-like simili al reddito fisso che pagano un dividendo, come appunto utility — continua Balsotti —. Se cambia regime e i tassi si alzano, gli investitori tornano sui Treasury». I cui rendimenti sono de-
Rapporto total debt / Ebitda stinati a crescere, seguendo i Fed Funds. «Per ciò che riguarda il bond decennale c’è la possibilità che nei prossimi tre/sei mesi possa arrivare vicino al 3%, ora è circa al 2,4%», spiega Bonafede. Un settore che soffre la salita dei tassi è l’automotive. «In particolare Ford — afferma Balsotti — è molto indebitata e la capacità di vendere auto è legata al credito al consumo, intaccato da tassi elevati». Infine, l’oil& gas: «Sono aziende con uno stato patrimoniale con debiti elevati che devono essere continuamente rifinanziati per investire in asset importanti nel lungo periodo».
Guardare solo il debito/ebitda è tuttavia fuorviante. «Se estendiamo l’analisi anche ad altri ratio — precisa Geuna — come il livello free cash flow sugli interessi, che misura la cassa disponibile per ripagare gli interessi, e poi l’eb it sugli i nteressi, che dà un’idea dell’interest coverage ratio, un parametro usato dalle agenzie di rating per dare un giudizio sulla rimborsabilità del debito, si apprendono maggiori dettagli sulla situazione patrimoniale dei singoli nomi». Si scopre, per esempio, che Murphy, nel settore oil, è super indebitata «a 16 volte l’ebitda — dice ancora l’analista di TenderCapital — e mostra flussi di cassa ed ebit su interessi entrambi negativi: continua a generare debito e non è in grado di pagare neppure gli interessi». Situazione molto simile per Newell Brands, nel settore consumer o per Concho Resources «che ha un debito netto di 40 volte l’ebitda, o Marathon Oil e Noble Energy, tutte petrolifere. Infine — conclude Geuna — la farmaceutica Endo International ha un debito di 13 volte l’ebitda e gli altri due valori in negativo”.