La Consob paga le «distrazioni»
I prospetti informativi chiaramente falsi chiamano in causa la responsabilità di funzionari e commissari
Dopo 27 pagine di elencazione di parti coinvolte e di interventi davanti alla corte, arriva il “corpo” di una sentenza che potrà rappresentare, se non un rimedio “ordinario”, almeno un contributo alla tutela di “sistema” dei risparmiatori. La sentenza 23478/ 2016 della Cassazione ( di cui era stata data notizia sul Sole 24 Ore del 18 novembre scorso) ha infatti stabilito l’imputabilità ai funzionari della Consob, il danno, a titolo di colpa grave, subito da alcuni investitori per via di prospetti informativi errati, sui quali appunto i funzionari dell’Authority di controllo non avevano adeguatamente vigilato. Se questo è il punto centrale della sentenza, ci sono anche altri aspetti, strettamente legati a questo, che vale la pena approfondire.
la vicenda
I tempi della giustizia sono in Italia alquanto lunghi. E nel caso della vicenda affrontata dalla Cassazione questo è quasi un eufemismo. Il prospetto al quale ci si riferisce era stato pubblicato 21 luglio 1983 (te- nendo conto che su alcuni punti, che non sono di particolare interesse in questa sede, la Cassazione ha rinviato la vicenda alla corte d’appello, alla fine ci si avvicinerà ai quarant’anni). E la questione aveva già fatto più di un “passaggio” in Cassazione. Nel 2009 c’era già stata una sentenza ( la penultima a questo punto) della Cassazione, che aveva segnato punti importanti a favore dei risparmiatori. Poi questa era stata rinviata ai giudici di merito, che dovevano applicarne i principi. La sentenza di novembre di quest’anno ha in pratica confermato che i principi affermati nel 2009 erano stati correttamente applicati dai giudici di merito. Già basta questa semplice ricostruzione degli ultimi passaggi a far smarrire chi si avvicina alla vicenda. E quindi meglio concentrarsi sui principi che alla fin fine sono importanti per i risparmiatori.
l’omessa vigilanza e il prospetto
Il primo passaggio “confermato” è che era certa la falsità del prospetto, la sua agevole rilevabilità da parte degli organi “vigilanti” e «il nesso causale tra l’omessa vigilanza e il danno agli investitori». Sul valore del prospetto la sentenza 4587/2009 aveva affermato: «In un’operazione finanziaria di pubblica sottoscrizione, i risparmiatori compiono le loro scelte di investimento sulla base del prospetto e ripongono fiducia nel fatto che le informazioni in esso contenute sono per legge sottoposte ad un’attività di controllo, idonea, secondo la normativa ratione temporis applicabile, a verificarne la completezza e la esattezza: le informazioni contenute nel prospetto creano tra il pubblico una disponibilità all’investimento proposto e il superamento del vaglio della supervising authority in ordine all’operazione di sollecitazione del pubblico risparmio ingenera negli investitori il legittimo affidamento che quelle informazioni contengono dati veritieri e sono realmente descrittive dei termini dell’affare » . E che « nessun investitore, neppure quello con la maggiore propensione al rischio, si sarebbe indotto a sottoscrivere i titoli in questione se avesse realmente conosciuto dati rilevanti dell’investimento offerto, che invece gli sono stati prospettati in modo inveritiero o ingannevole o che gli sono stati taciuti; e ha rilevato (la Corte d’Appello di Milano, ndr) che tale difetto di conoscenza era imputabile alla Consob, la quale aveva, in allora, la potestà di accertare le falsità evidenti dei dati che il promotore intendeva comunicare ai risparmiatori attraverso il prospetto sottoposto alla sua approvazione » .
le notizie di stampa
Un’altra questione passata più volte all’esame dei giudici, anche nell’ultima sentenza è quella delle “notizie di stampa”, che già all’epoca avevano segnalato la pericolosità dell’investimento. L’ultima sentenza ha negato il concorso di colpa degli in- vestitori su questo tema, perché « le notizie di stampa non ebbero diffusione generale e comunque non indicavano la falsità del prospetto, ma solo l’esistenza di rischi » . Ma quanto possono pesare le notizie di stampa? Secondo la sentenza del 2009 il giudice deve «compiere un’analisi delle notizie di stampa, del loro contenuto e della loro consistenza (se, cioè, recanti soltanto mere opinioni del giornalista o riportanti valutazioni suffragate da fatti obiettivi ed elementi concreti), del loro grado di diffusione e della loro ripercussioni sul mercato dei titoli in questione » . Questo perché « per logica di sistema, gli investitori, quando scelgono di investire nello specifico strumento finanziario oggetto di sollecitazione all’investimento, lo fanno proprio sulla base delle informazioni ufficiali provenienti dal prospetto, la cui pubblicazione è autorizzata dalla Consob; dall’altro, la sottolineatura che, allorché una notizia di stampa pone all’attenzione del pubblico la possibilità che una fonte di informazione ufficiale possa non essere più attendibile, l’investitore prudente deve valutare anche il contenuto della notizia di stampa » . Se il risparmiatore non lo fa, la sua colpa «va apprezzata sotto il profilo del concorso di questo nella produzione dell’evento o ai fini della riduzione del risarcimento » .