Quel “serial Ponzi” da Londra al Titano
Una truffa a 162 persone da un’organizzazione sovranazionale che agiva nel Bresciano e portava il denaro a San Marino
Si davano appuntamento da Zilioli, pasticceria storica e ritrovo della Brescia che conta, e contavano anche loro. Per la precisione contavano la “pila” (come da quelle parti chiamano i quat- trini) cubata gabbando gli investitori: 7,6 milioni malcontati (per difetto). Una pattuglia di promotori finanziari (o ex promotori), un avvocato, qualche faccendiere, eppoi le consorti incaricate di prendere i soldi e depositarli in conti bancari sammarinesi. In tutto sono 16 le persone indagate per truffa e abusivismo finanziario di cui quattro destinatarie di misure di custodia cautelare: solo uno di loro, Antonello Moroncini, è finito in carcere (perché non ha casa in Italia). Gli altri tre, Sergio Olivieri, avvocato, Maurizio Bondioli e Claudio Pignatti, ex promotori, sono finiti ai domiciliari. Lo schema è il classico, immarcescibile “Ponzi” con la sempre più gettonata variante del Forex. Con due particolari: i contratti fatti firmare ai clienti erano preparati su carta intestata del Centro Fiduciario, società del gruppo Carige, ovviamente senza che la fiduciaria ne sapesse nulla, e altrettanto accadeva con la Advantage group. Ma i tre distinti fulcri su cui gli ideatori della “stangata” facevano leva per indurre i malcapitati ad affidare loro il denaro erano tre distinte società. Due inglesi: la Igo ltd (international global opportunities) la Champion Holding & Finance registrata alle British Virgin Island (numero 1502532), e la luganese Tova sa, società già finita sotto inchiesta del procuratore pubblico di Lugano per riciclagggio, dichiarata fallita il 28 settembre 2015 e riconducibile a uno degli indagati. Gli indagati sostenenvano di avvalersi di una piattaforma web irlandese (la Ava Trade) specializzata in investimenti sul Forex (valute, commodities e pare abbiano anche simulato operazioni sull’oro) in realtà sono state pochissime le operazioni di trading effettuate e le rimanenze finivano su un conto della sammarinese Banca Partner. Così come in altre banche di San Marino (la Ibs e la Bac) finiva parte del denaro (parte dei 7,6 milioni di euro truffati) . Interessanti alcune delle conversazioni intercettate, in particolare una tra un cliente gabbato e l’avvocato in cui si giunge a a sentire il professionista rivolgersi al cliente che gli chiede che cosa dovrebbe fare per riavere almeno una parte del denaro on le seguenti parole: «Firmare quel documento nel quale mi cedete il credito, questa è l’unica cosa che potete e dovete fare». Certo. Come no?