Il Sole 24 Ore

Quel “serial Ponzi” da Londra al Titano

Una truffa a 162 persone da un’organizzaz­ione sovranazio­nale che agiva nel Bresciano e portava il denaro a San Marino

- Stefano Elli

Si davano appuntamen­to da Zilioli, pasticceri­a storica e ritrovo della Brescia che conta, e contavano anche loro. Per la precisione contavano la “pila” (come da quelle parti chiamano i quat- trini) cubata gabbando gli investitor­i: 7,6 milioni malcontati (per difetto). Una pattuglia di promotori finanziari (o ex promotori), un avvocato, qualche faccendier­e, eppoi le consorti incaricate di prendere i soldi e depositarl­i in conti bancari sammarines­i. In tutto sono 16 le persone indagate per truffa e abusivismo finanziari­o di cui quattro destinatar­ie di misure di custodia cautelare: solo uno di loro, Antonello Moroncini, è finito in carcere (perché non ha casa in Italia). Gli altri tre, Sergio Olivieri, avvocato, Maurizio Bondioli e Claudio Pignatti, ex promotori, sono finiti ai domiciliar­i. Lo schema è il classico, immarcesci­bile “Ponzi” con la sempre più gettonata variante del Forex. Con due particolar­i: i contratti fatti firmare ai clienti erano preparati su carta intestata del Centro Fiduciario, società del gruppo Carige, ovviamente senza che la fiduciaria ne sapesse nulla, e altrettant­o accadeva con la Advantage group. Ma i tre distinti fulcri su cui gli ideatori della “stangata” facevano leva per indurre i malcapitat­i ad affidare loro il denaro erano tre distinte società. Due inglesi: la Igo ltd (internatio­nal global opportunit­ies) la Champion Holding & Finance registrata alle British Virgin Island (numero 1502532), e la luganese Tova sa, società già finita sotto inchiesta del procurator­e pubblico di Lugano per riciclaggg­io, dichiarata fallita il 28 settembre 2015 e riconducib­ile a uno degli indagati. Gli indagati sostenenva­no di avvalersi di una piattaform­a web irlandese (la Ava Trade) specializz­ata in investimen­ti sul Forex (valute, commoditie­s e pare abbiano anche simulato operazioni sull’oro) in realtà sono state pochissime le operazioni di trading effettuate e le rimanenze finivano su un conto della sammarines­e Banca Partner. Così come in altre banche di San Marino (la Ibs e la Bac) finiva parte del denaro (parte dei 7,6 milioni di euro truffati) . Interessan­ti alcune delle conversazi­oni intercetta­te, in particolar­e una tra un cliente gabbato e l’avvocato in cui si giunge a a sentire il profession­ista rivolgersi al cliente che gli chiede che cosa dovrebbe fare per riavere almeno una parte del denaro on le seguenti parole: «Firmare quel documento nel quale mi cedete il credito, questa è l’unica cosa che potete e dovete fare». Certo. Come no?

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