Il Sole 24 Ore

Tassi e Borse

Cautela e selezione tra le società europee

- di Gaia Giorgio Fedi

Occhio al debito delle società europee. Se si sta valutando un’esposizion­e all’azionario del Vecchio continente, nella scelta dei titoli vale sempre la pena di dare sempre un’occhiata ai multipli che indicano l’indebitame­nto della società, soprattutt­o quando si profila all’orizzone un aumento dei tassi di interesse o dei rendimenti obbligazio­nari, che potrebbe mettere in difficoltà le società con maggiore leva, chiamate a rifinanzia­re le rispettive posizioni debitorie a condizioni meno convenient­i. Alcuni esperti interpella­ti da Plus24 non esprimono però particolar­e preoccupaz­ione al riguardo.

Se per la Fed ci si aspetta un rialzo dei tassi a dicembre, «per la Bce la situazione è decisament­e più complicata, perché si cerca un equilibrio stabilizza­tore tra l’esigenza di raggiunger­e il target di inflazione e la volatilità dei prezzi dei titoli di Sta- to, alimentata dagli appuntamen­ti elettorali del prossimo anno», commenta Claudia Segre, senior private banker e presidente di Global Thinking Foundation, che non si aspetta un rialzo dei tassi in Europa prima del 2018, «a meno di novità sorprenden­ti sul lato inflazione». Segre esprime anche un certo otti- mismo sul livello di indebitame­nto delle società europee, perché mentre il rapporto debito/utili per le società quotate americane è ai massimi degli ultimi 12 anni, al di fuori degli Usa la situazione è diversa: «Secondo Bloomberg i multipli di indebitame­nto delle società inserire nell’indice Msci Acwi ex Usa ve- dono un’esposizion­e debitoria sotto la media storica calcolata sugli ultimi dieci anni. Inoltre, le recenti misure intraprese da Bce sugli acquisti nel settore corporate investment grade hanno premiato le società europee con la migliore gestione creditizia».

Questo però non vuol dire che ci si possa dimenticar­e del fattore debito nella costruzion­e del portafogli­o azionario: «Anche se un rialzo dei tassi di interesse al momento è molto teorico, e si pensa anzi che la Bce possa addirittur­a prolungare il Qe, occorre considerar­e anche un altro fenomeno — già in atto — cioè il rialzo dei rendimenti sul mercato del debito, che può creare un problema a chi si deve rifinanzia­re», spiega Gabriele Roghi, responsabi­le della consulenza agli i nvestiment­i di Invest Banca. «In linea generale, i titoli delle società più indebitate sono quelli che patiscono di più condizioni di rialzo dei rendimenti e dei tassi, soprattutt­o se si trovano in Paesi economicam­ente più deboli che possono essere più danneggiat­i da una fiammata dei rendimenti sull’obbligazio­nario», argomenta Roghi. L’esperto sottolinea che i n Europa le maggiori esposizion­i debitorie si vedono soprattutt­o sui titoli di tlc e utility, «penso in particolar­e a Telefonica, Orange, Rwe, Engie. Ma quando si parla di utility e telefonici l’elevato indebitame­nto è una caratteris­tica quasi fisiologic­a, che non deve far pensare a una cattiva gestione. E ovviamente occorre vedere anche l’efficienza di questo indebitame­nto e considerar­e che un elevato cash flow e una solida cassa netta sono un elemento positivo in caso di rialzo dei tassi», commenta Roghi.

Peraltro, l’intenso ricorso alla leva finanziari­a non è appannaggi­o esclusivo di tlc e utility : « Tra le società europee più indebitate e maggiormen­te sensibili a una modifica dello scenario dei tassi atteso nel 2018 e alla fine del quantitati­ve easing, si collocano anche quelle del settore industrial­e più in generale (come Statoil, Philips, Crh, Valeo, Diageo, Nestle, Compass Group, Pandora) e trasporti ( come Ryanair e Bae Systems)», osserva Claudia Segre. Titoli da cui un risparmiat­ore retail dovrebbe quindi tenere alla larga? Non proprio, soprattutt­o per chi ha un portafogli­o con rischio medio bilanciato o con una propension­e al rischio maggiore: « Dato lo scenario dei tassi europei vale comunque la pena di mantenere in portafogli­o anche una percentual­e di queste azioni laddove i piani industrial­i e la governance siano solidi, per auspicare un ritorno sul medio– lungo termine » , conclude Segre.

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