Pd, 18 dicembre assemblea per il congresso
OBIETTIVO PRIMARIE IN PRIMAVERA
Subito dopo la formazione del nuovo governo, il 18 dicembre prossimo l’assemblea del Pd avvierà la fase congressuale del Pd che si concluderà come di consueto - occorrono un paio di mesi - con le primarie aperte per la leadership-premiership. Congresso anticipato dunque, con il percorso che inizia subito per potersi concludere in tempo con la finestra elettorale di primavera (che si vada al voto in aprile o infine in giugno). Questo l’architrave del patto che ieri Matteo Renzi, lavorando da Palazzo Chigi, ha stretto nel suo partito attorno all’ipotesi di Paolo Gentiloni premier per i mesi che ci separeranno dalle urne.
Decisivo il colloquio serale con Dario Franceschini, dopo che il ministro della Cultura è stato dipinto come il capo della fronda anti-Renzi in Parlamen- to provocando un clima di sospetti da pre-golpe. Il clima dell’incontro, fanno trapelare i collaboratori dei due, è stato collaborativo «come sempre» perché «il Pd fa gioco di squadra». Anche perché Renzi non sembra aver posto (anche per rispetto del Capo dello Stato ancora in fase di consultazione) come condizione irrevocabile il voto entro aprile. Bisognerà comunque attendere la Consulta il 24 gennaio e poi agire di conseguenza per avere un sistema elettorale che stia in piedi in mo- do coerente. Decisivo, oltre alla ricucitura con Franceschini, anche il rientro dell’attuale Guardasigilli Andrea Orlando. Il “giovane turco” si era nell ultime settimane distanziato da Matteo Orfini, più sulla linea di Renzi, sostenendo Franceschini nella richiesta di non precipitarsi alle urne ma di pensare a un governo di più lungo respiro.
«In questo momento le consultazioni interne le sta conducendo la delegazione trattante, di cui non faccio parte. E le consultazioni tra i partiti le sta facendo il presidente Mattarella a cui assicuriamo collaborazione - è la precisazione di Orlando -. In questo momento il riferimento del partito è il segretario che sta guidando una fase difficile, e la cui proposta in Direzione è stata condivisa da tutti». E ancora: «Si tratta di come chiudere la legislatura, non di come finirla». Il ministro dem ha poi spiegato che dopo che è stata risolta la questione della crisi di governo «serve un riflessione sul referendum, anche nel Pd. Una riflessione sul disagio sociale e il profondo malessere che è emerso dal voto al referendum, e che si comprende vedendo le differenze di voto tra il centro e le periferie delle città».
Ecco, queste ultime parole sono già un manifesto per una candidatura alla leadership del Pd contro lo stesso Renzi, candidatura che Orlando sta seriamente considerando. Una sorta di candidatura governativa di sinistra che metterebbe comunque in difficoltà la minoranza bersaniana, che emerge isolata dal patto interno siglato ieri tra Renzi e i big dell’attuale maggioranza nel partito. In questo senso quella di Orlando non sarebbe un candidatura sgradita a Renzi. Che ha intenzione di regolare una volta per tutte i conti con chi si è schierato per il No al referendum costituzionale del 4 dicembre contribuendo alla sconfitta di tutto il Pd. In campo per il congresso, per ora, anche il presidente della Toscana Enrico Rossi. Resta da vedere che cosa deciderà di fare Pier Luigi Bersani con i suoi. L’ex segretario e i suoi non vedevano di buon occhio l’anticipo del congresso. Né un anticipo delle urne, tanto che Bersani si è lasciato sfuggire nei giorni scorsi anche la tentazione della scissione: «Se il Pd diventa il Pda, il partito dell’avventura, il non mi sentirei più di starci...». E intanto Roberto Speranza organizza per i 17 dicembre a Roma, il giorno prima della convocazione dell’assemblea del Pd per avviare la fase congressuale, un’iniziativa dal titolo “L’Italia prima di tutto, un nuovo Pd per ricostruire il centrosinistra”.
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