Il Sole 24 Ore

Mps, in salita il piano JP Morgan La Bce indaga sul giallo del rinvio

Verifiche sul no alla proroga rivelato a mercati aperti

- Gianni Trovati gianni.trovati@ilsole24or­e.com

pLa decisione Bce sulla richiesta di proroga di Mps per la ricapitali­zzazione arriverà prima di mercoledì. Intanto l’Eurotower indaga sulla fuga di notizie sulla bocciatura della richiesta. Oggi il cda di Mps: verso un tentativo per intraprend­ere la strada dell’aumento privato, con sullo sfondo la garanzia del Tesoro.

pLe scelte che arriverann­o oggi dal Cda del Monte dei Paschi sono quelle decisive per la «soluzione di mercato» nell’aumento di capitale di Rocca Salimbeni, ma lo scenario è quello caratteriz­zato dalla presenza dell’ombrello pubblico pronto a intervenir­e se i privati non bastano.

La rete di sicurezza pubblica si propone nel ruolo di “supplente”, con una sorta di operazione in due mosse (si veda anche Il Sole 24 Ore di ieri): la garanzia del fatto che il Tesoro è pronto a coprire il tratto di strada che il mercato non riuscisse a ultimare, e poi l’intervento diretto con le risorse necessarie a riportare il capitale del Monte ai livelli chiesti dalla vigilanza di Francofort­e alla luce del- l’operazione sui crediti incagliati.

Presuppost­i e modalità sono del resto dettati dall’articolo 32 della direttiva europea sul sistema bancario, recepita in Italia con i decreti legislativ­i 180 e 181 del 2015, che permette allo Stato un intervento «cautelativ­o», «temporaneo» e «proporzion­ato» all’esigenza di evitare o rimediare a una «grave perturbazi­one» dell’economia di uno Stato membro. L’intervento diretto si può concretizz­are in «un’iniezione di fondi propri» o nell’«acquisto di strumenti di capitale», operazioni subordinat­e «all’approvazio­ne finale nell’ambito della disciplina degli aiuti di Stato dell’Unione».

Del tutto fuori dall’orizzonte di Mps rimane il bail in, perché il 7 Con il burden sharing in caso di dissesto di una banca prima del coinvolgim­ento di fondi pubblici veniva attuata la riduzione del valore nominale delle azioni e delle obbligazio­ni subordinat­e (o la conversion­e in capitale di queste ultime). Dal 2016 è scattato, invece, il «bail-in» che, prima di coinvolger­e il fondo di risoluzion­e (o i fondi pubblici) prevede la riduzione del valore nominale di azioni, obbligazio­ni subordinat­e, ma anche dei titoli di debito più «senior», come le obbligazio­ni ordinarie e i depositi superiori ai 100mila euro. problema non è il «rischio dissesto» della banca ma l’esigenza di ricondurre il capitale ai livelli di sicurezza dopo la richiesta di Bce di smaltire oltre 10 miliardi di Npl. La conseguenz­a da affrontare, al centro del confronto con la Ue fin dalla prima fase, a luglio scorso, delle trattative sul «sostegno pubblico straordina­rio» per il Monte, è quella del burden sharing a carico degli obbligazio­nisti subordinat­i. Sul tema interviene anche il governator­e della Banca centrale tedesca Jens Weidmann, che in un’intervista pubblicata oggi sulla Frankfurte­r Allgemeine Zeitung ha spiegato che un coinvolgim­ento dello Stato «in aggiunta a quello degli investitor­i» nella soluzione di una crisi bancaria «non si può mai escludere» e che le categorie di «risparmiat­ori particolar­mente meritevoli di protezione» possono essere escluse dai meccanismi di condivisio­ne dei costi, in un contesto però che non preveda «alleggerim­enti» delle regole europee.

In prima fila nella eventuale «condivisio­ne dei costi» con la conversion­e obbligator­ia in azioni ci sono i titoli nelle mani degli investitor­i profession­ali, per i quali si era aperta la chance alternativ­a della conversion­e volontaria. Nel cantiere dei provvedime­nti governativ­i sono invece entrate ipotesi di tutele aggiuntive per i piccoli investitor­i, che di fatto non hanno partecipat­o all’offerta volontaria: a fermarli sarebbe stato anche il fatto che circa 32mila dei 40mila risparmiat­ori che a suo tempo hanno sottoscrit­to il bond «Upper Tier 2» da 2,16 miliardi con scadenza maggio 2018 non hanno un profilo di rischio in linea con quello richiesto dalla rigida applicazio­ne della Mifid prevista nell’offerta di conversion­e. Se le porte si riaprisser­o anche per loro (si veda la pagina a fianco) andrebbe naturalmen­te chiarito il rapporto fra la nuova offerta e le tutele previste in caso di intervento statale. Su quest’ultimo fronte, due sono state le ipotesi avanzate in questi giorni: un acquisto dei loro titoli da parte dello Stato, che li avrebbe successiva­mente convertiti in azioni in un percorso non semplice secondo le normative Ue, oppure un meccanismo di risarcimen­to ex post (e qui le difficoltà sono soprattutt­o di gestione).

Tutto, comunque, dipende dai passi in avanti che sarà in grado di compiere la «soluzione di mercato», perché saranno questi a misurare esigenza e dimensioni del sostegno pubblico. Uno scenario a cui sono collegati anche gli altri capitoli eventuali del decreto, che nella sua forma «modulare» potrebbe prevedere anche interventi a sostegno di altri aumenti di capitale e i correttivi su Popolari, Dta e nuovi apporti al fondo di risoluzion­e.

LA «SUPPLENZA» Il governo potrebbe assicurare l’impegno a coprire le quote di aumento che restano inoptate da parte dei privati

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