Rigore e crescita, la coerenza che va chiesta all’Europa
Nel post-referendum membri delle istituzioni europee e primi ministri europei hanno espresso fiducia nell’Italia e nella prosecuzione delle riforme richieste dall’Europa e avviate dal governo Renzi che ha portato mercoledì alla approvazione definitiva della legge di stabilità. Fiducia viene per ora anche dai mercati consapevoli dell’ombrello protettivo della Bce che però non è eterno. Speriamo che capiscano le nostre urgenze le forze politiche nazionali dove alcune reclamano l’abbandono dell’euro mentre altre, che dovrebbero conoscere l’economia, sottovalutano la difficile ripresa in corso(come ha rilevato ieri anche la Banca d’Italia) dopo una crisi nella quale si sono avvicendati quattro governi. Nel 2017 va infatti accelerata la crescita con altre riforme, con l’impronta espansiva della legge di stabilità e mettendo in sicurezza le nostre banche sballottate anche da una Vigilanza bancaria europea spesso confusa.
Nel contempo l’Italia deve premere sull’Europa perché combini le prescrizioni del Patto di stabilità e crescita con la spinta agli investimenti aggregati adottando l’impostazione di Juncker sostenuta anche da Fmi e Ocse. Il binomio RenziPadoan l’ha fatto. Ci vuole però continuità incisiva in quel lungo processo di integrazione europea iniziato nel 1957 con i Trattati di Roma i cui 50 anni sono stati celebrati nel 2007 dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano e dal Presidente del Consiglio Romano Prodi. Due europeisti concreti.
Nel 2017 si celebreranno i 60 anni dei Trattati e certamente il Presidente Sergio Matterella terrà alta la coerenza europeista italiana. Ci vuole però anche la presenza incisiva di un nostro Esecutivo nelle istituzioni europee dove è in corso una dialettica tra rigore e crescita emersa di nuovo in modo netto nei recenti incontri dei ministri dell’economia della Uem (Eurogruppo) e della Ue (Ecofin)
Investimenti e crescita. L’ Euro gruppo( probabilmente dominato daSchaub le) è infatti apparso molto cauto su questi due temi.
Sulla crescita ha rilevato che il 2017 segna il quinto anno di ripresa della Uem nel quale tutti i 19 Paesi sono a tassi positivi anche se difformi e anche se la ripresa appare fragile. Il riferimento agli investimenti c’è ma è evasivo circa le condizioni per un rilancio endogeno per supplire la debolezza dell’economia internazionale.
L’Eurogruppo è stato infatti molto cauto sulla recente proposta della Commissione Juncker ( Towards a positive fiscal stance for the euro area) che afferma la necessità di una impostazione pro-crescita coordinata con un sostegno agli investimenti pubblici e un impulso aggregato pari allo 0,5% del Pil della Uem stessa concretizzato dai Paesi (Germania in testa) che hanno surplus di bilancio (enormi). L’Eurogruppo si stacca anche dall’opinione della Commissione, prefigurando per il 2017 una politica fiscale neutrale. Se Padoan, obbligato a Roma dalla crisi, fosse stato presente l’attenzione alla crescita sarebbe stata di certo maggiore.
Ecofin (dove la politica pesa di più) è invece andato meglio perché, sulla strategia di investimenti comunitari, ha approvato un potenziamento del Piano Juncker dai 315 miliardi mobilitabili entro il 2018 ai 500 mobilitabili entro il 2020. Il Piano passa da una dotazione iniziale di 21 a una di 33,5 miliardi resi disponibili dal bilancio comunitario e dalla Bei. Con un moltiplicatore di 15 già configurato per la prima fase del piano Juncker si dovrebbero mobilitare fino a 500 miliardi di investimenti privati e in partenariato pubblico-privato. Si ritene che il moltiplicatore regga anche perché progetti per 150 miliardi sono già approvati dalla metà del 2015 fino a oggi nel primo Juncker. Importanti sono anche le indicazioni di Ecofin sulle strategie di supporto sottintendendo che le scelte di qualità potenziano i moltiplicatori delle risorse iniziali. Tra queste spiccano: la rimozione e armonizzazione nazionale ed europea delle barriere immateriali (efficientamento normativo, burocratico, tributario ecc); l’integrazione sia tra settori(come energia e telecomunicazioni) che tra Paesi degli investimenti infrastrutturali; il partenariato pubblico-privato per gli investimenti infrastrutturali che richiedono impegni a lungo termine dai partner anche per facilitare la confluenza di fondi europei diversi su progetti unificati.
Finanze pubbliche nazionali e convergenze. L’eurogruppo si è invece concentrato molto su questo tema, valutando le politiche di bilancio dei singoli Paesi e condividendo i pareri già espressi dalla Commissione. Diversa è stata invece l’attenzione sulle politiche per favorire la convergenza, con troppa enfasi sui Paesi in deficit rispetto a quelli in surplus. Un aspetto generale è stato però molto opportunamente sottolineato: quello della qualità delle finanze pubbliche dove vanno attuate riallocazioni della spesa a favore degli investimenti e della riduzione della tassazione sui fattori di produzione per spingere la crescita. Questo criterio è cruciale e rientra nell’ambito delle riforme strutturali che a loro volta dipendono da fattori politico-istituzionali ed economico-sociali.
Sulla legge di stabilità dell’Italia si è rilevato il rischio di non rispetto del Patto di Stabilità e crescita. Per quanto riguarda il deficit strutturale si sottintendono ipotesi di rettifica non quantificate, ma potrebbero essere nel caso “duro” di 0,3-0,4% e nel caso “morbido” dello 0,1% del Pil.
Sul lato del deficit riteniamo però che l’Italia abbia molti elementi per difendere le proprie scelte tenuto conto delle immigrazioni e del sisma. Ciò che nella sostanza preoccupa di più è il debito pubblico arrivato al 133% e la qualità della spesa pubblica che tra l’altro con la bocciatura delle legge Madia da parte della Corte Costituzionale subisce una battuta d’arresto anche per i servizi pubblici e le partecipate locali. C’è dunque ancora molto da fare, ma bene abbiamo fatto a confermare in Parlamento l’impostazione espansiva data dal Governo alla legge di stabilità perché se accelera il Pil migliorano le finanze pubbliche
Una conclusione comunitaria. Quando a marzo 2017 in Italia si celebreranno i 60 anni dei Trattati di Roma ci piacerebbe che il nostro governo valorizzasse il principio che buone istituzioni e governi stabili servono anche a una solida economia mentre la solidarietà creativa europea richiede che i Paesi con surplus di bilancio investano di più, che quelli con margini stretti di bilancio aumentino gli investimenti tramite riforme che ricompongano e rendano più efficiente la spesa pubblica, che l’Eurounione (e l’Eurozona) si rafforzino anche con progetti di investimenti socio-economici unificati e unificanti.