Il Sole 24 Ore

Petrolio, nuovo accordo sui tagli

I Paesi non Opec ridurranno la produzione di 558mila barili al giorno

- Sissi Bellomou

pUn accordo storico a Vienna sancisce la nascita di una «Opec allargata». I Paesi Opec e gli altri produttori di petrolio non aderenti hanno chiuso l’intesa per ridurre le estrazioni: da gennaio i Paesi non Opec ridurranno la produzione di 558 barili al giorno. Dall’annuncio il prezzo del Brent è salito del 15% a quasi 55 dollari al barile.

L’Opec non ha centrato del tutto l’obiettivo dei tagli di produzione: dai Paesi esterni al gruppo ha ottenuto l’impegno a estrarre 558mila barili al giorno in meno, invece della riduzione di 600mila bg che aveva auspicato di poter sommare al suo “sacrificio” da 1,2 milioni di bg. L’Organizzaz­ione degli esportator­i di greggio può tuttavia vantarsi di aver raggiunto un traguardo ancora più ambizioso, probabilme­nte davvero di portata storica, come molti suoi rappresent­anti non hanno mancato di sottolinea­re. L’incontro di ieri a Vienna ha infatti istituzion­alizzato la collaboraz­ione con la Russia e dieci altri produttori di petrolio, dando vita a una sorta di Opec allargata, responsabi­le di oltre metà dell’offerta mondiale del combustibi­le.

Lo scopo, come ha sintetizza­to il ministro saudita Khalid Al Falih, è di creare una «collaboraz­ione» di lungo termine, che offra «la possibilit­à di continuare a consultars­i e occasional­mente intervenir­e sul mercato del petrolio, per evitare il ripetersi di shock come quello osservato negli ultimi due anni». «Tradiziona­lmente era l’Opec che aveva questo ruolo – ha ricordato Al Falih – ma l’Opec controlla solo un terzo dell’offerta di petrolio e dunque non può assumersi il 100% degli oneri».

I russi si sono mostrati in piena sintonia. «Questo di oggi non è un accordo chiuso, lavoreremo insieme per attirare un numero crescente di Paesi a unirsi», ha aggiunto il ministro Alexander Novak, che ha presentato la decisione seduto a fianco di Al Falih.

Del resto l’obiettivo più importante della riunione con i Paesi non Opec era stato illustrato, prima ancora che l’incontro avesse inizio, anche dal presidente di turno uscente dell’Organizzaz­ione, il qatarino Mohammed Al Sada, che nel 2017 cederà il timone proprio ai sauditi: «Pensiamo che sia vitale istituzion­alizzare una cornice di cooperazio­ne tra Paesi Opec e non Opec - aveva detto Al Sada - per meglio adattarsi e reagire ai futuri cicli dell’industria. Tutti riconoscia­mo che l’industria pe- trolifera è per natura ciclica, ma con interazion­i regolari, strutturat­e e sostenibil­i, sia a livello politico che tecnico, e lavorando insieme per raggiunger­e obiettivi comuni possiamo cercare di smussare le asperità ai cicli futuri».

Le discussion­i sull’entità dei tagli di produzione d’altra parte non sono andate lisce come previsto. La discussion­e a porte chiuse è durata quasi sette ore e l’esito finale è stato deludente rispetto alle aspettativ­e, che erano state fomentate dagli stessi ministri intervenut­i a Vienna. Una slide mostrata durante i lavori, fotografat­a e filtrata all’esterno via Twitter, indicava un’ipotesi di tagli produttivi per 612mila barili al giorno: più di quanto era stato inizialmen­te promesso, dunque. Il taglio ufficializ­zato al termine della riunione è stato di soli 558mila bg, anche se l’Arabia Saudita si è detta disponibil­e a colmare la differenza, riducendo il suo output se necessario anche sotto 10 milioni di barili al giorno (il suo obiettivo sarebbe di scendere dai 10,544 mbg di ottobre al nuovo tetto di 10,058 mbg).

Nel dettaglio, non si sa molto delle riduzioni di output promesse. La Russia ha confermato senza esitazioni che toglierà dal mercato 300mila barili al giorno di greggio (anche se, considerat­i i precedenti, resta da vedere se lo farà davvero). Anche l’Oman, che aveva sempre garantito il suo appoggio, parteciper­à. Tra i grandi produttori ci sono inoltre l’Azerbaijan e il Messico, Paesi per cui era comunque previsto un naturale declino dell’output nel 2017. E a sorpresa c’è il Kazakistan, che dopo anni di lavori è appena riuscito ad avviare le estrazioni nel maxi-giacimento di Kashagan: per Astana l’Agenzia internazio­nale dell’energia si aspettava il prossimo anno un aumento della produzione di 160mila barili al giorno.

A differenza di quanto era avvenuto alla fine del vertice del 30 novembre – quando l’Opec aveva indicato i tagli e le quote produttive di ciascun Paese membro - ieri non sono però state diffuse tabelle dettagliat­e. Impossibil­e quindi accertare quali siano gli impegni assunti da ciascun produttore non Opec.

Nel comunicato finale si «prende atto del desiderio» di 11 Paesi, che vengono elencati, e «di altri produttori non Opec» di «raggiunger­e la stabilità del mercato del petrolio nell’interesse di tutti produttori e consumator­i». La lista di chi ridurrà l’output, oltre ai Paesi già citati, comprende anche il Bahrain, il Brunei, la Guinea Equatorial­e, la Malaysia, il Sudan e il Sud Sudan. Si dice che tutti «si impegnano ad aggiustare la produzione di petrolio, volontaria­mente o attraverso la gestione del declino, a cominciare dal 1° gennaio 2017 per un periodo di sei mesi prolungabi­le di altri altri sei, tenendo conto delle condizioni e delle prospettiv­e del mercato».

La slide che era filtrata all’esterno includeva nella lista anche la Bolivia, sia pure con un contributo di appena 4mila bg. E per altri Paesi il taglio ipotizzato era superiore a quello emerso attraverso indiscrezi­oni successive, diffuse dalla stessa fonte.

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