Il Sole 24 Ore

Un risultato pieno di incognite

- Di Roberto Bongiorni

L’accordo c’è. E la sua portata è storica. La domanda, tuttavia, è sempre la stessa: chi garantirà che alle parole seguiranno i fatti? L’intesa annunciata ieri tra l’Opec e 11 produttori esterni al Cartello – tra cui la Russia – affinché questi ultimi taglino a loro volta la produzione è stato salutato con entusiasmo dai rappresent­anti dell’Opec . Se tutto andasse come auspicato – ipotesi non scontata – un taglio reale della produzione dell’Opec di 1,2 milioni di barili al giorno (mbg), deciso lo scorso 30 novembre al vertice a Vienna, e uno di quasi 600mila barili al giorno da parte dei Paesi esterni al Cartello annunciato ieri, sempre da Vienna, sarebbe un deciso segnale ai mercati. L’offerta globale di petrolio verrebbe ridotta del 2 per cento.

Perché, per la prima volta in 15 anni così tanti Paesi produttori indipenden­ti hanno accettato la proposta di seguire le decisioni dell’Opec e stringere a loro volta i rubinetti?

Ormai i maggiori esportator­i mondiali hanno compreso che la guerra per conservare o accrescere le quote di mercato, mantenendo l’offerta invariata se non aumentando­la, ha inflitto molti più danni che vantaggi. Chi più, chi meno, ogni Paese esportator­e è stato danneggiat­o – in alcuni casi in modo drammatico – dal crollo delle rendite petrolifer­e seguito a due anni di prezzi bassi del barile. Qualche Paese è sprofondat­o in recessione, molti altri sono stati costretti a ridurre ripetutame­nte i loro budget governativ­i. Le vittime di questa guerra per le quote di mercato sono state anche diverse compagnie petrolifer­e.

Ecco perché il numero dei partecipan­ti al vertice di ieri – circa 25 Paesi – e l’importanza di alcuni di loro, come Russia e Messico, evidenzia la determinaz­ione a uscire dagli ultimi anni bui (metà del 2014, 2015 e 2016).

Eppure, quando si parla di tagli produttivi, la cautela è d’obbligo. Anche perché i precedenti non depongono a favore dell’ottimismo . A cominciare dalla Russia . L’ultima volta che l’Opec decise di dare il via a un vigoroso taglio produttivo, la Russia si impegnò a ri- durre l’estrazione di greggio di 400mila barili al giorno. Era il dicembre del 2008. Ma i mesi successivi diedero ragione agli scettici e l’impegno di Mosca non si tradusse in concrete riduzioni della produzione. E quando nel 2001 la Russia ridusse le esportazio­ni, lo fece perché i suoi mari erano ghiacciati piuttosto che per la volontà di allinearsi all’Opec.

Certo, per la Russia non è un grande sacrificio ridurre l’output di 300milabar­ilial giorno. In novembre ha estratto 11,21 milioni di barili al giorno, un volume che non si vedeva dai tempi dell’Urss. Ma bisogna vedere come Mosca cercherà di compensare le compagnie private per le perdite legate al taglio.

IL VOLTAFACCI­A Quando si parla di riduzioni produttive è sempre meglio essere cauti: nel 2008 la Russia si impegnò a tagliare le sue estrazioni, ma non lo fece

Non è poi chiaro se il taglio dei Paesi “non allineati” includa i declini fisiologic­i produttivi di Paesi come il Messico e l’Azerbaijan. E non è una differenza da poco. Il Kazakistan inoltre, per quanto abbia accettato una modesta riduzione della sua produzione, ha da poco avviato un giacimento gigante.

Ma se si dovesse prestar fede agli annunci di ieri, sembra tuttavia che questa volta l’Opec e i Paesi non allineati siamo più decisi rispetto al passato. Anche sui tempi. L’Opec intende dare via ai tagli già da gennaio. L’accordo raggiunto a Vienna prevede che la produzione del Cartello scenda a 32,5 mbg. In novembre, tuttavia aveva aumentato la produzione di 370mila barili al giorno, portandola al record di 34,19 mbg . La disciplina nell’applicare i tetti produttivi è però il tallone di Achille del Cartello. I Paesi esterni all’Opec, a sorpresa, hanno confermato di iniziare anche loro il prossimo gennaio. Ma è probabile che se la prenderann­o con più calma.

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