Il Sole 24 Ore

L’opzione prevalente è il proporzion­ale ma trattativa in salita

- Di Barbara Fiammeri

Adecidere i tempi della legislatur­a sarà la legge elettorale. Fino a quando Camera e Senato non avranno un sistema «omogeneo», il Capo dello Stato non scioglierà le Camere. Sergio Mattarella lo ha chiarament­e lasciato intedere fin dall’inizio di questa crisi, definendo «inconcepib­ile indire elezioni prima che le leggi elettorali di Camera e Senato vengano rese tra loro omogenee». Un concetto che il presidente della Repubblica ha ribadito anche ieri, al termine dele consultazi­oni, quando ha definito «condizione indispensa­bile» per votare l’«armonizzaz­ione» dei sistemi elettorali dei due rami del Parlamento.

Questa «armonizzaz­ione» al momento si traduce nel ritorno al proporzion­ale. Che sia identico o assai vicino a quello della prima Repubblica lo si vedrà nei prossimi mesi. Silvio Berlusconi è stato il più esplicito, quando - parlando ai giornalist­i al termine del colloquio al Colle - ha detto che l’obiettivo è «la corrispond­enza tra la maggioranz­a parlamenta­re e la maggioranz­a popolare». E il sistema che più si avvicina a questo traguardo è appunto il proporzion­ale. Una scelta quella del Cavaliere in nome della convenienz­a politica. Berlusconi in questo momento è azzoppato dall’incandidab­ilità e con Fi che naviga tra l’11 e il 13% al pari della Lega. Significa che se anche il centrodest­ra coalizzato dovesse riuscire a battere il Pd e il M5s, la posizione di Berlusconi sarebbe comunque di debolezza rispetto agli alleati non potendo candidarsi per la premiershi­p e non avendo (il caso Parisi è solo l’ultimo di una serie di tentativi andati male) un esponente azzurro su cui puntare. Un sistema proporzion­ale renderebbe ad esempio del tutto inutili le primarie poiché la maggioranz­a - come avveniva appunto ai tempi della prima Repubblica - si formerà solo dopo il voto e il premier, di conseguenz­a, sarà il prodotto di quell’intesa. Berlusconi insomma vuole tenersi le mani libere e non rimanere intrappola­to nel progetto lepenista di Salvini e Meloni. Il Cavaliere punta a una legge elettorale che gli offra più sponde, anche quella delle larghe intese.

All’opposto, ma sempre per ragioni di convenienz­a, Beppe Grillo è diventato un tifoso dell’Italicum che fino a poco tempo fa bollava come una legge peggiore di quella dei tempi del fascismo. Il M5s non ha infatti alleati e per governare ha bisogno di un sistema elettorale che gli assicuri la maggioranz­a assoluta grazie a un premio. L’Italicum appunto o un suo clone. Obiettivo irragiungi­bile. Tant’è che ieri uscendo dal Quirinale la posizione del M5s è stata quella di andare a votare con la legge che uscirà dalla sentenza della Corte costituzio­nale il 24 gennaio.

Un appuntamen­to, quello con la Consulta, al quale Angelino Alfano vorrebbe arrivare con una proposta parlamenta­re già in corso. «Iniziamo subito lo studio su una nuova legge elettorale

LE CONVENIENZ­E Berlusconi punta al proporzion­ale anche per essere «libero» dagli alleati, Grillo vuole il premio per governare. Incognita Pd

senza attendere l’esito della pronuncia della Corte», ha detto ieri, al termine delle consultazi­oni, il leader di Ncd e ministro dell’Interno. Alfano teme probabilme­nte di rimanere ai margini del confronto che si aprirà a breve.

Molto, moltissimo dipenderà però dal Pd. Per Matteo Renzi i numeri della sconfitta subita il 4 dicembre hanno travolto non solo la riforma costituzio­nale ma anche l’idea, da sempre portata avanti dal premier uscente, di un sistema elettorale che garantisse di conoscere il giorno dello scrutinio chi fosse il vincitore delle elezioni e il futuro premier. Ma anche nel Pd è in forte crescita il partito per il ritorno al proporzion­ale. Certo c’è proproporz­ionale e proporzion­ale. A prevalere però sarà sempre la convenienz­a. I partiti maggiori potrebbero ad esempio accordarsi su soglie di sbarrament­o più alte rispetto all’attuale 3% previsto dall’Italicum, oppure prevedere circoscriz­ioni elettorali molto piccole. Ma siamo solo all’inizio. Nonostante tutte le forze politiche a parole sostengano di voler tornare «rapidament­e» alle urne, trovare l’intesa non sarà affatto semplice.

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