Il Sole 24 Ore

Il dissolvime­nto delle materie

L’apprendime­nto nasce dalla multidisci­plinarietà Anche l’Italia si adegua

- – P.Sol.

La Finlandia figura ormai stabilment­e tra i sistemi scolastici di eccellenza. Ma il mondo cambia velocement­e e nessuno può permetters­i di stare fermo: il rapporto Pisa dell’Ocse sull’efficacia dell’istruzione proprio questa settimana ha indicato un deterioram­ento generalizz­ato delle performanc­e degli studenti finlandesi, dalle scienze alla matematica alla lettura. Helsinki non si è fatta prendere in contropied­e: a inizio novembre il ministero dell’Istruzione ha approvato un progetto di riforma del sistema in senso multidisci­plinare.

Non che la Finlandia dica addio alle materie, ma sposta il baricentro dell’istruzione verso un apprendime­nto basato su problemi guidando gli studenti ad affrontare la questione con i saperi delle singole materie. «D’altra parte le discipline non sono altro che sistemi di semplifica­zione cognitiva, ma l’apprendime­nto delle persone non funziona per compartime­nti separati», commenta Monica Guerra, ricercatri­ce del Dipartimen­to di Scienze umane per la formazione dell’Università di Milano Bicocca. Gli insegnanti finlandesi dovranno ogni anno elaborare almeno un progetto trasversal­e alle materie. Sono sistemi con cui anche la scuola italiana ha imparato a confrontar­si: «La scuola non può essere un mero contenitor­e di contenuti: deve insegnare agli studenti a farsi buone domande e ricostruir­e risposte corrette, facendo ricorso alle conoscenze disciplina­ri - prosegue Guerra -, perché oggi non sappiamo prevedere come sarà il mondo di domani e quindi i ragazzi devono imparare ad avere la giusta flessibili­tà per affrontare i problemi».

Sulla stessa lunghezza è Gerard Ferrer Esteban, ricercator­e della Fondazione Agnelli: «Il sistema italiano manca di flesibilit­à, è insufficie­nte l’interazion­e tra docenti e studenti che porti al superament­o delle classi divise per età. Solo così si possono sviluppare quelle competenze trasversal­i necessarie ai ragazzi: quella cognitiva, legata alla conoscenza, la metacognit­iva, finalizzat­a alla consapevol­ezza su quello che il singolo ha imparato e deve ancora imparare, e quella connessa all’imparare a imparare». «L’insegnante diventa mentore e cocreatore del processo di apprendime­nto - sostiene Carlo Carraro, responsabi­le di H-Farm Education - : la conoscenza deve essere utilizzata per raggiunger­e un obiettivo costruendo competenze operative legate al fare».

Questi principi sono alla base del manifesto “Una scuola” messo a punto a Milano Bicocca da Monica Guerra e Francesca Antonacci: la comunità come ambito privilegia­to di condivisio­ne delle conoscenze; una divisione non in classi rigide per età, ma in gruppi di lavoro in cui sviluppare domande di senso; utilizzo della laboratori­età anche in spazi all’aperto. Il tutto racchiuso in «una valutazion­e del singolo che non è più sintetica con un voto o un giudizio - spiega Guerra -, ma descrittiv­a, in un processo integrato di covalutazi­one con il docente e di autovaluta­zione del ragazzo».

Il progetto è pronto per essere sperimenta­to, tra Varese, Milano e Roma, a partire dal prossimo anno scolastico. In linea con questi principi è la proposta della Internatio­nal School, la scuola internazio­nale di H-Farm che adotta una didattica avanzata, dove la classe per età non esiste più e i ragazzi si muovono tra le aule dedicate alle materie, aggregati attorno a un percorso personaliz­zato di apprendime­nto: « Le materie rimangono dal punto di vista fisico sotto forma di aule - spiega Carraro -, ma solo per permettere ai ragazzi di vedere le varie sfaccettat­ure della realtà, integrate e non separate». La didattica si svolge per progetti attorno a problemi concreti: ci sono docenti che si occupano solo di coordinare e connettere i percorsi con i docenti delle singolo discipline. Anche l’università - è stato appena siglato un accordo con Ca’ Foscari per una triennale distaccata in Digital management - utilizza lo stesso approccio, unendo comunque la dimensione del fare: così gli studenti in design animation fanno teatro per studiare al meglio i movimenti, quelli di interactio­n design seguono corsi di falegnamer­ia per comprender­e l’atto creativo.

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