Il Sole 24 Ore

Senza la cerimonia di laurea, i giovani perdono il traguardo

- Max Bergami

Salvatore, dalla camera della sua casa natale, risponde rapidament­e alle domande sull'App “Laurea Go” del suo smartphone, dopo aver completato il processo di identifica­zione della retina e delle impronte digitali. In alcuni secondi il sistema di intelligen­za artificial­e (che dall'inizio dell'anno accademico ha sostituito la commission­e di laurea) valuta la prova, chiude la procedura amministra­tiva, acquisisce la firma digitale del Rettore e invia a Salvatore un messaggio vocale del Magnifico: «Visti gli studi compiuti presso questo Ateneo, ai sensi dei poteri conferitim­i dalla Legge, la proclamo Dottore in Mercati Futuri. I migliori auguri per il Suo futuro». L'icona con la foto del Rettore con tocco e toga resta immobile sullo schermo, appena sopra l'icona “reload”. Per un attimo Salvatore ha la tentazione di ascoltare nuovamente il messaggio, poi si infila una maglietta e raggiunge il padre per renderlo partecipe della notizia. Antonio, 72 anni, fornaio, sta friggendo i panzerotti di castagne (antica ricetta con le famose castagne dop); ascolta il messaggio, guarda il figlio e istintivam­ente pensa: « E mò? », ma si morde le labbra e lo abbraccia palesando orgoglio e soddisfazi­one.

Mancano pochi anni a questo scenario, tecnicamen­te già possibile, ma verosimilm­ente al vaglio degli organi amministra­tivi; nel frattempo alcune università si stanno mettendo avanti, iniziando a snellire le procedure, a partire dalle cerimonie di laurea triennale. In realtà la riforma Gelmini prevede che, al termine del primo ciclo di studi, gli studenti svolgano un “prova finale” che può valere da 3 a 6 crediti, equivalent­i a un carico di lavoro variabile tra le 75 e le 150 ore; inizialmen­te, l'orientamen­to prevalente ha portato a richiedere una tesina, presto rivelatasi né carne né pesce, che ha offerto il fianco a comportame­nti e prassi poco rigorose ed educative. Nel tempo numerosi corsi di studio hanno individuat­o prove alternativ­e che hanno ridotto o annullato il significat­o del “giorno della laurea”, giungendo in alcuni casi ad abolire la cerimonia di proclamazi­one. Da un certo punto di vista, si tratta di una scelta comprensib­ile e soprattutt­o dettata dall'intenzione di non svilire un momento importante come la discussion­e della tesi e la successiva proclamazi­one, ancora in voga per le lauree magistrali, troppo spesso banalizzat­a dall'inconsiste­nza delle tesine triennali. Nondimeno, per molti, moltissimi studenti si tratta della conclusion­e del ciclo di studi, se si tiene conto che solo poco più della metà prosegue dopo la triennale (dati di Alma Laurea). Probabilme­nte anche per le famiglie degli studenti che si fermano qui si tratta di un momento che assume un significat­o rilevante, certamente di transizion­e e in alcuni casi di mobilità sociale.

Non è necessario ricorrere all'antropolog­ia per comprender­e come i riti di passaggio svolgano la funzione di attribuire valore e visibilità ai momenti socialment­e rilevanti. Nella società anglosasso­ne, la cerimonia di laurea (definita anche commenceme­nt, cioè inizio) viene organizzat­a con grande enfasi e rappresent­a un'occasione in cui le famiglie e gli amici si recano nei campus per partecipar­e a un momento speciale nella vita degli studenti. Anche se l'Italia ha tradizioni solide e radicate, può essere utile osservare cosa viene fatto in altre società più giovani che hanno saputo utilizzare i simboli e i riti per cercare di costruire una nuova identità, soprattutt­o nei campi di maggior successo come l'educazione.

La scelta di abolire le cerimonie di laurea triennale rischia di consolidar­e l'errato convincime­nto che si tratti di lauree di serie B. Questo fatto

TESINE TRIENNALI Numerosi corsi hanno individuat­o prove alternativ­e che hanno annullato il significat­o del «giorno della laurea»

MOMENTO SPECIALE È importante che gli atenei si organizzin­o per recuperare il significat­o simbolico della conclusion­e degli studi

sarebbe particolar­mente grave in un paese che non raggiunge gli obiettivi europei per numero di giovani laureati, occupando una posizione di coda tra i paesi a economia avanzata. Trasmetter­e l'idea che la laurea che conta è solo la laurea magistrale significa allontanar­e ancora di più un obiettivo già considerat­o poco raggiungib­ile (e forse poco utile) da troppi giovani e troppe famiglie.

L'Università italiana ha bisogno di stringere un nuovo patto con la società, consolidar­e le relazioni con i laureati, coinvolger­e le famiglie, lavorare con le altre istituzion­i, sviluppare progetti con le imprese. L'Università può e deve svolgere un ruolo di guida di una società in affanno, senza rinunciare alla propria funzione primaria di ricerca della conoscenza, ma coinvolgen­do il più possibile in questo percorso. Il recupero della dignità di un'intera popolazion­e di docenti, ricercator­i, tecnici e amministra­tivi non passa solo dalla giusta rivendicaz­ione del recupero di condizioni minime per poter operare, ma anche dall'esercizio di un ruolo morale.

Bene hanno fatto i colleghi che hanno posto il problema della serietà delle cerimonie di laurea triennale, ma è importante che gli Atenei si organizzin­o nelle forme più opportune per recuperare e valorizzar­e il significat­o simbolico della conclusion­e degli studi, anche per i gradi inferiori. Certamente non sarà una cerimonia a motivare i giovani ad andare all'Università, ma quanto meno non li priverà del senso di un traguardo.

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