Fallimento, il Registro è troppo oneroso
Secondo il principio di alternatività, se un atto da sottoporre a registrazione è relativo a cessioni/prestazioni soggette a Iva, l’imposta di registro non si applica in misura proporzionale bensì fissa. Ma la Corte di cassazione ha chiarito che l’imposta agevolata si applica solo nei casi previsti (cioè solo nei processi di condanna) perché tale disposizione è di stretta interpretazione e non consente quindi applicazione estensive (Cassazione 14816/2011). Pertanto il principio dell’alternatività fra l’imposta proporzionale di registro e l’Iva si applica esclusivamente nei processi di condanna e non in quelli di accertamento come i giudizi a stato passivo.
Pertanto sulla scorta di tale interpretazione per la domanda introduttiva di fallimento il ricorrente è tenuto al pagamento dell’imposta di Registro in misura proporzionale. La Commissione tributaria provinciale di Napoli ha sollevato questione di legittimità costituzionale della norma di cui alla Tariffa-parte 1 – articolo 8, allegato al Tuir (decreto 131/1986) nella parte in cui assoggetta all’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1% (invece che in misura fissa) agli atti dell’autorità giudiziaria ordinaria e speciale in materia di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale anche laddove si riferiscano ad operazioni assoggettate ad Iva.
Le norme della Costituzione violate sarebbero secondo la commissione di Napoli quelle relative agli articoli 3,24,53,10 (2/11/2016, in Gazzetta Ufficiale, I parte speciale numero 44).
Quanto all’articolo 3 Costituzione pare del tutto irragionevole trattare in maniera differenziata le pronunce di accertamento e quelle di condanna. Quando si agisce per ottenere la condanna al pagamento, la relativa azione presuppone sempre un giudizio di accertamento che è addirittura logicamente precedente rispetto alla pronuncia di condanna. Si tratta quindi di due situazioni con presupposti identici che vengono trattati differentemente dal legislatore solo perché la parte ha deciso di non chiedere – almeno subito – anche la condanna.
Se ciò è vero in linea generale lo è a maggior ragione nel caso di opposizione allo stato passivo. La richiesta del creditore è formalmente di accertamento del credito, ma dal punto di vista sostanziale equivale all’azione di condanna perché oltre a quell’accertamento egli chiede anche di concorrere all’attivo.
In ordine all’articolo 24 Costituzione la norma comprime in maniera ingiustificata il diritto di difesa giurisdizionale costituzionalmente garantito. La fattispecie concreta qui in esame è relativa ad un opposizione allo stato passivo. E un creditore non azionerà le sue pretese nel giudizio i opposizione perché a fronte di una
IL DUBBIO Ctr Napoli ha sollevato questione di legittimità sulla tassazione degli atti di accertamento di diritti patrimoniali
LO SQUILIBRIO Il prelievo in misura proporzionale tratta in maniera differenziata situazioni simili
ipotetica partecipazione a concorso dovrà sostenere viceversa un costo certo e di notevole entità (l’1% della somma valutata). La massa dei creditori è incentivata a non coltivare alcun giudizio, perché l’ammissione al passivo del pagamento secondo la percentuale si traduce in un minor costo per la massa dei restanti creditori.
La norma impugnata sembra violare anche il principio di capacità contributiva. Il creditore per una prestazione/ cessione soggetta ad Iva si trova a dover pagare l’imposta di Registro progressiva per il solo fatto che è stato costretto ad agire in ambito endo-fallimentare. Egli è costretto a pagare una imposta che non è dipesa da una sua attività e scelta processuale e che non avrebbe mai pagato (se non in misura fissa) laddove non vi fosse stato il fallimento del suo debitore ed avere se potuto agire in via ordinaria.
Infine tale situazione sembra violare il principio di concorrenza (garantito a livello comunitario) perché pone il creditore in posizione deteriore rispetto ad un creditore contro un debitore non fallito (articolo 10 Costituzione)