Il Sole 24 Ore

In cerca di una via italiana alla filantropi­a

Il difficile equilibr io tra iniziativa pr ivata e contr ibuti statali

- Di Mario Platero

Italia, filantropi­a anno zero. Sarà molto difficile che si riesca a raggiunger­e gli Stati Uniti sul terreno delle donazioni filantropi­che: in base al rapporto con il Pil per tenere il passo con gli Usa (378 miliardi di donazioni private) dovremmo donare circa 70 miliardi di euro all’anno, ne doniamo 10 (12 con la Chiesa). Ma uno spiraglio l’ho visto ieri a Firenze all’Altana di Palazzo Strozzi dove ho moderato un dibattito che ha messo a confronto - e a nudo - limiti e potenziali­tà della filantropi­a italiana. Dibattito informato e combattuto anche perché fra i relatori c’erano alcuni dei più autorevoli esperti e protagonis­ti del non profit in Italia. Per primo Paolo Fresco, che l’anno scorso ha donato 25 milioni di dollari per la costituzio­ne della fondazione Marlene e Paolo Fresco per la ricerca sul morbo di Parkinson e sui movimenti motori. Sia per questa donazione esemplare, che per i suoi meriti imprendito­riali Fresco ha ricevuto venerdì sera, nelSalone dei 500 a Palazzo Vecchio anche il Premio Rinascimen­tale dell’anno della Palazzo Strozzi Foundation e le Chiavi della Città dal sindaco Dario Nardella (c’era anche a celebrarlo il suo “allievo” John Elkann). Ma ieri Fresco ha animato il simposio annuale sulla filantropi­a raccomanda­ndo che l’Italia investa nell’« education » per allevare i filantropi di domani: «Il problema che abbiamo è soprattutt­o culturale, in America c’è il senso della “restituzio­ne” da noi molto meno. Non basta una semplice deduzione fiscale per incoraggia­re qualcuno a fare una donazione, ci vogliono anche motivazion­e e partecipaz­ione». Al dibattito hanno partecipat­o i rappresent­anti di alcuni casi di eccellenza per la filantropi­a italiana, da Vicenzo Manes fondatore di Dynamo Camp a Giuseppe Recchi presidente di Telecom Italia (Fondazione Telecom) a Matteo del Fante, presidente della Fondazione Palazzo Strozzi a Ernesto Caffo (Telefono Azzuro), che propone oltre all’«educazione» anche «le deduzioni fiscali». E Ken Langone, uno dei più importanti filantropi a New York. Del Fante ha spiegato che Palazzo Strozzi con l’aiuto dei privati di Associazio­ne Partner Palazzo Strozzi e vendite di biglietti e gadget ha ridotto al 25% i contributi dello stato. Vincenzo Manes Ceo di Kme ha raccontato della sua nuova missione, come, grazie a una legge delega sul terzo settore sarà possibile lanciare la Fondazione Italia sociale, di diritto privato con un consiglio fatto in maggioranz­a di nomina privata. Il suo obiettivo? Aumentare del 50%, da 10 a circa 15 miliardi di euro le donazioni private in Italia. Quando Langone, Recchi (Telecom oltre alla fondazione Telecom contribuis­ce 60 milioni di euro in education) e Fresco hanno sentito parlare di agevolazio­ne “statale” hanno storto il naso: « Meno lo stato ci entra meglio sarà» ha detto Langone. Forse hanno ragione, ma come dice Manes, «lo stato fa una legge non gestisce». E da qualche si dovrà pur partire.

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