Politica e scienza come professione
Sin dall’origine del progetto di Giangiacomo, il nesso fra azione per il bene pubblico e ricerc a è stretto e aggrovigliato, carico di contraddizioni , valori e tensioni. Poi entrerà in gioco l’innovazione
n’epoca di fervore, di aperture e illuminazioni politiche, sociali, morali», sostiene Giangiacomo Feltrinelli nel suo impegnativo discorso per l’inaugurazione in via Romagnosi della nuova sede dell’Istituto nel marzo del 1961, dodici anni dopo l’avvio della costituzione e dell’esperienza della Bibilioteca nel 1949. (...)
Nel 2009, a sessant’anni dalla nascita della Bibilioteca, Carlo decise di raccogliere in un piccolo libro alcuni scritti che rendessero conto delle differenti tessere del mosaico progettato nell’immediato secondo dopoguerra da suo padre. Il primo saggio era del compianto Giuliano Procacci che vi definisce con intelligenza partecipe la natura del contributo che la Fondazione Feltrinelli ha dato alla crescita e allo sviluppo degli studi storici. Come si legge in questo Annale, Procacci è stato uno dei protagonisti della complessa vicenda che ha contrassegnato nel tempo la fisionomia inconfondibile di un’istituzione, che è venuta via via realizzando il progetto di Giangiacomo Feltrinelli e ne ha messo a frutto, in tempi mutati, il retaggio. Il resoconto di Giu- liano Procacci accurato nel ricostruire la fase iniziale del progetto di Feltrinelli e dei suoi collaboratori e mette in luce le linee essenziali della vicenda che è al centro di questo Annale. Una vicenda in cui riconosciamo i tratti di un paesaggio istituzionale, politico, sociale e culturale entro cui il progetto di Feltrinelli si sviluppa e si arricchisce. In un quadro e in un contesto in cui, come abbiamo visto, la tensione essenziale sembra investire direttamente i rapporti fra il fare politica e il fare ricerca.
Sin dall’origine del progetto feltrinelliano, il nesso fra azione politica e ricerca scientifica, fra impegno politico di sinistra e funzione intellettuale, in una parola il nesso weberiano fra la politica come vocazione e la scienza come vocazione è un nesso stretto e aggrovigliato, carico di tensioni e contraddizioni. Sembra che possa valere, a proposito di tale nesso, in quel contesto storico, la vecchia massima a proposito degli amori impossibili ma inesorabili, “nec tecum, nec sine te vivere possum”.
È a partire dalla prima metà degli anni Settanta, proprio quando il progetto originario di Giangiacomo Feltrinelli vede la nascita della Fondazione, che il quadro cambia e si inaugura una nuova fase o, in ogni caso, una fase in parte
| La nuova sede della Fondazione Feltrinelli a Milano, a Porta Volta, in via Pasubio. Il progetto è dello studio Herzog & De Meuron Martedì 13 dicembre apre i battenti alle 17 la nuova sede della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli a Milano, in via Pasubio 5: cinque piani da scoprire e vivere ( più un piano interrato riservato ai materiali della biblioteca e agli archivi). La giornata inaugurale è la prima di un programma che si estende fino al 17 dicembre e che si chiama « Voices and Borders, fatto di di letture, proiezioni, incontri, spettacoli. www. fondazionefeltrinelli. it
diversa della vita di un’istituzione che aveva ormai già da tempo consolidato la propria fisionomia nazionale e internazionale. Si inaugurano gli anni della ricerca fra tradizione e innovazione. Anni di appassionate congetture e di sostanziale estensione dell’ambito e dei metodi della ricerca nello spazio variegato delle scienze della società. Un’estensione che era del resto coerente con la vicenda dell’Istituto e che è un primo indizio importante di continuità, nel segno della prossimità.
Quelli erano anni congetturali, come li abbiamo chiamati, Carlo ed io. Sullo sfondo di un cambiamento, a volte lento e sotto traccia, a volte accelerato e discontinuo, di quel quadro di Francesca Barbiero, Marco Carminati , Lara Ricci rapporti ulteriori fra politica e cultura che caratterizzano i decenni della fine del secolo breve. Sullo sfondo di un mondo di incessante trasformazione, di continue transizioni, e in presenza di cambiamenti e metamorfosi, alcune delle quali avrebbero portato a esperienze di perdita e dissipazione, mentre altre avrebbero lasciato il segno della durevolezza nel tempo.
Fra metà dei Settanta e metà dei Novanta del secolo scorso, la Fondazione diviene il luogo del confronto critico delle idee nello spazio dei saperi della società. Non più soltanto nell’ambito degli studi storici, che non furono mai abbandonati e su cui al contrario si esercitarono sia la ricerca di nuovi campi sia la riflessione sui mutevoli metodi. Ma anche, e soprattutto, nell’ambito della teoria economica e della teoria sociale, della scienza politica e dell’antropologia, dell’epistemologia e della teoria politica normativa. Negli anni congetturali si andava in via Romagnosi, se si aveva voglia di mettere alla prova ipotesi e congetture miranti alla comprensione, alla spiegazione, alla descrizione, alla ricostruzione e alla valutazione dei nostri modi di convivere, degli assetti delle istituzioni e delle pratiche sociali, dalle nostre parti e in giro per il mondo.
Fra distanza e prossimità, un filo di coerenza tenace sembra tenere assieme memorie e aspettative. Certo, la storia della nuova Fondazione a Porta Volta è letteralmente un’altra storia. Ma ha radici lontane. E non è difficile prevedere che, in tempi difficili e incerti, sarà alimentata non dal mitico vento deJlla storia, ma dalla voglia di futuro, da un’idea elementare di giustizia sociale e di sviluppo umano come libertà, da uno stile illuministico e dall’inquietudine che ne consegue.
Testo tratto da Progetto e storia, a cura di Giuseppe Berta e Giorgio Bigatti, Feltrinelli, Milano, pagg. 528, € 50